Burattini erranti è il primo disco di Michela Franceschina, una giovane artista friulana che ha decisamente qualcosa da dire. Le canzoni sono dodici, il mondo è quello del pop, ma non mancano le contaminazioni. Tutti i brani sono firmati da Michela, ad eccezione di Back in Old America. Ad un paio di testi hanno collaborato Nicola Pravisano e Michela Niccoli. I burattini richiamano lo spazio di libertà che ci è concesso dai fili che ci fanno muovere: sono erranti perché vagano e sbagliano, senza però mai smettere di cercare le idee per iniziare un viaggio nuovo.
Michela arriva a questo suo primo disco dopo un lungo percorso, iniziato con lo studio del pianoforte già da bambina, studio poi perfezionato al Conservatorio. Qualche anno fa ha frequentato anche i corsi al Cet di Mogol. L’abbiamo intervistata.
Musica classica, bossa nova, jazz, pop: nel tuo percorso musicale hai sempre spaziato fra i generi. Di tutte queste esperienze, quali sono confluite nel tuo disco?
Ho studiato prevalentemente musica classica, ma poi mi sono dedicata ad altri generi e nel disco c’è un po’ di tutto. Ho avuto anche la fortuna di conoscere Marco Bianchi, l’arrangiatore, che è una persona molto eclettica ed ha capito come “vestire” ogni canzone, rispettando sempre le mie idee iniziali. Ad esempio, in un brano c’era la necessità di mettere dentro qualcosa di reggae, che non è proprio il mio genere preferito, ed è stato fatto. Nell’album sono convogliate tante esperienze musicali diverse.
Quando sono nate queste canzoni? È materiale accumulato negli anni o sono recenti?
C’è un po’ di tutto in realtà. Quella di fare un disco è una decisione sempre molto difficile. Ho voluto andare sul sicuro, scegliendo quindi brani già testati. Ci sono canzoni che ho scritto nel corso degli ultimi 4/5 anni ed altre di poco precedenti alla lavorazione del disco. È un album che spazia molto fra i generi, i brani sono come dei quadretti, perché è come un misto di tante cose.
In due canzoni canti anche in friulano. Perché questa scelta?
Le canzoni sono Piscologo e Il cûr, entrambi i testi sono stati scritti da Nicola Pravisano. Con la seconda abbiamo partecipato anche al Festival della canzone friulana e vinto il premio della critica. Ho voluto fare un omaggio alla mia terra e ritengo che il friulano sia una lingua più musicale rispetto all’italiano. Sono brani più luminosi rispetto all’idea che di solito si ha del friulano, volevamo un po’ sfatare il mito di un popolo triste e cupo. Il friulano è una lingua affascinante.
Immagino che avresti voluto portare il disco anche in una dimensione live. Lo farai quando sarà terminato questo difficile periodo?
A fine gennaio sono riuscita a fare la presentazione del disco, al teatro di Rauscedo, era andata molto bene. Una serata molto bella, con tutti i miei amici sul palco. Un’attrice bravissima ha anche letto la dedica scritta per me da Angelo Floramo, uno scrittore friulano molto quotato. È stato bellissimo, uno dei concerti migliori della mia vita. Poi, purtroppo, è arrivato il Coronavirus. Avevo mandato a festival e locali la proposta del progetto, ora ovviamente siamo fermi. Quando sarà tutto finito, riprenderemo anche il progetto dei concerti.
Chi sono i tuoi riferimenti musicali nel mondo del pop?
A livello nazionale, il mio punto di riferimento, fin da quando ero bambina, è Giorgia, sia per la vocalità, che per un’idea di raffinatezza che mi è sempre piaciuta molto. Poi amo anche Elisa e Tosca. In campo internazionale, invece, apprezzo molto Michael Jackson, Stevie Wonder, Sting, Chick Corea e Bobby McFerrin.
Tornando al friulano, in questa lingua stai lavorando ad un album di canzoni per bambini. Ci racconti questo progetto?
È un lavoro che sto portando avanti con alcuni colleghi, l’intento è quello di dimostrare che il friulano è una lingua viva e fresca, che si può sfruttare anche nel 2020. Essendo educatrice musicale, mi è capitato spesso di scrivere canzoni su commissione. Ho iniziato a scrivere in italiano, poi mi sono ritrovata a lavorare con i bambini di una scuola su un progetto riguardante l’Orcolat, relativo al terremoto in Friuli del 1976. L’esperimento era riuscito ed i bambini avevano cantato bene, anche le parole che per loro potevano risultare più difficili. Da lì è nata l’idea di scrivere altre canzoni ed ora lavoriamo all’album.
A parte il progetto per i bambini, cosa c’è nel tuo futuro musicale?
Adesso sto sperimentando un genere alternativo. La formula è quella del duo, c’è una batteria e poi io alla voce, al piano elettrico e al synth. È tutto in fase embrionale, un misto fra jazz e R’n’B, con testi in italiano. Ora sta lavorando a questo.
Come trascorri queste giornate così particolari?
Ho realizzato uno studio in casa e passo le giornate a studiare, comporre e scrivere arrangiamenti nuovi. Poi tengo lezioni on line, disegno e cucino.
Per ascoltare l’album cliccate qui:
La principessa:
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