Bruce Springsteen, American Skin (41 shots)

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Non avrei voluto mai scrivere ancora un post sulla violenza razzista della polizia americana, eppure bisogna farlo, per non abbassare mai la guardia. Non sono bastate, evidentemente, tutte le morti ingiuste e ingiustificabili di decine e decine di ragazzi afro-americani, non sono state sufficienti le prese di posizione e le dure condanne arrivate dal mondo dello sport, della cultura, del cinema, della musica. Non ha contato nulla nemmeno lo sdegno della comunità internazionale. Niente. I poliziotti americani bianchi, una parte di loro ovvio,  continuano ad ammazzare come bestie gli afro-americani,  talvolta anche gli Ispanici, con una violenza tanto più gretta quanto più meschina, con la perpetrazione di un abuso di potere che affonda le radici nell’ignoranza e nella frustrazione. Solo così possiamo spiegarci l’inspiegabile. Chi altri, se non un ignorante frustrato dalla sua stessa vita e dal suo stesso intelletto limitato, potrebbe uccidere a sangue freddo un uomo (George Floyd) inerme, ammanettato con le mani dietro alla schiena, tenuto fermo con un ginocchio sul collo? Chi altri potrebbe superare la propria inadeguatezza e la propria inferiorità sociale e morale, abusando del proprio ruolo garantito solo da una divisa lavata e stirata ma lordata indelebilmente da un crimine tanto osceno?

È avvilente, triste e soprattutto vergognoso che nel 2020 si debba ancora parlare di omicidi razziali. È disgustoso che un uomo a terra — ammanettato, inerme, ricordiamolo! — che implora aiuto al suo carnefice con un filo di voce venga  invece ammazzato come un cane rabbioso. È assurdo che quello stesso carnefice non ascolti nemmeno chi gli passa intorno e lo riprende in un video che lo condannerà per l’eternità, perché se non ci penserà la giustizia terrena, sarà sicuramente quella  morale e divina a presentargli il conto. Perché troverà sempre impresso sulla sua pelle lo stigma inflittogli dall’Umanità, quella con la U maiuscola che lui, misero e abietto, non sa neanche cosa sia.  Ed è sconvolgente, in ultima analisi, che il presidente del paese più importante del mondo (o quantomeno di uno dei tre paesi più importanti del mondo) abbia sdoganato tutto questo orrore, dando la stura all’ennesima ondata di miserabili che si nascondono dietro una divisa. Per questo oggi (ma anche domani, dopodomani, la prossima settimana, il prossimo mese, il prossimo anno) dobbiamo riascoltare, e far ascoltare soprattutto, American Skin, la canzone che Bruce scrisse nel 1999 per ricordare Amadou Diallo, un ragazzo di 22 anni che aveva come unica colpa quella di avere la pelle nera e un portafogli in tasca. All’epoca il capo della NYC Police Benevolent Association, invitò i 27.000 poliziotti della città a boicottare i concerti e i dischi di Springsteen aggiungendo: «Personalmente, non mi curo particolarmente della musica di Springsteen e della sua canzone». Il sindaco Giuliani, invece, lamentò  il fatto che ci fosse ancora gente che cercava di creare l’impressione che gli agenti di polizia fossero colpevoli. Ecco, fino a che negli USA ci saranno persone queste e come l’attuale presidente, nessuno che non sia un poliziotto biondo, bianco, con gli occhi azzurri e preferibilmente bello, sarà al sicuro. Sono passati 21 anni ma nulla è cambiato. Che infinita tristezza…

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Patrizia De Rossi è nata a Roma dove vive e lavora come giornalista, autrice e conduttrice di programmi radiofonici. Laureata in Letteratura Nord-Americana con la tesi La Poesia di Bruce Springsteen, nel 2014 ha pubblicato Bruce Springsteen e le donne. She’s the one (Imprimatur Editore), un libro sulle figure femminili nelle canzoni del Boss. Ha lavorato a Rai Stereo Notte, Radio M100, Radio Città Futura, Enel Radio. Tra i libri pubblicati “Ben Harper, Arriverà una luce” (Nuovi Equilibri, 2005, scritto in collaborazione con Ermanno Labianca), ”Gianna Nannini, Fiore di Ninfea” (Arcana), ”Autostop Generation" (Ultra Edizioni) e ben tre su Luciano Ligabue: “Certe notti sogno Elvis” (Giorgio Lucas Editore, 1995), “Quante cose che non sai di me – Le 7 anime di Ligabue” (Arcana, 2011) e il nuovissimo “ReStart” (Diarkos) uscito l’11 maggio 2020 in occasione del trentennale dell’uscita del primo omonimo album di Ligabue e di una carriera assolutamente straordinaria. Dal 2006 è direttore responsabile di Hitmania Magazine, periodico di musica spettacolo e culture giovanili.

1 COMMENTO

  1. Bella riflessione. Anche a me, dopo questo orrore, risuonavano in mente le parole di Lena:”Se un poliziotto ti ferma/ promettimi che sarai sempre educato/ promettimi di non scappare mai e poi mai/ promettimi di tenere le mani in vista…”

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