Ci sono voluti più di due anni per smascherarli, ma alla fine la polizia postale di Bologna ci è riuscita: sono sei gli indagati per una maxitruffa ai danni di circa 1.400 fan di Vasco Rossi riguardo la vendita dei biglietti per il tour 2018.
La lista dei reati contestati agli indagati è decisamente lunga: associazione per delinquere, sostituzione di persona, turbativa della libertà dell’industria e del commercio, contraffazione del marchio, indebito utilizzo di carte di credito e truffa continuata.
Oltre all’iscrizione dei sei soggetti nel registro degli indagati, la Procura ha oscurato anche gli otto siti internet tramite cui i cyber truffatori operavano: privatetickets.it, privatetickets.eu, vivaticket.eu, vascorossi.co, privateticket.eu, vivatickets.eu, privateticket.it e nonstoptickets.eu.
La truffa era ben architettata: gli 8 siti sequestrati erano dei cloni perfetti del portale di Vivaticket dedicato agli acquisti dei biglietti per i concerti del Blasco, quindi per molti utenti è stato facile cadere nella trappola, magari inserendo un indirizzo sbagliato o seguendo un redirect farlocco da qualche altra pagina web.
Dopo il pagamento del prezzo del biglietto il sito rilasciava un codice QR da presentare in biglietteria il giorno del concerto per ritirare i biglietti. Questo dava ai criminali ampio margine di tempo per riciclare il denaro e far sparire le loro tracce mentre gli ignari acquirenti si sono resi conto della truffa solo mesi dopo l’acquisto, ovvero accorgendosi che fuori dallo stadio non c’era affatto nessuna biglietteria dove ritirare il loro pass d’ingresso e che i loro codici QR erano falsi e, di conseguenza, inutilizzabili.
La struttura criminale che è stata scoperta era ben ingegnata: per poter ottenere la convenzione con i circuiti di pagamento con carte di credito era obbligatorio avere all’interno dell’organizzazione qualcuno iscritto al registro delle imprese, e per questo sono stati utilizzati due prestanome: un sessantunenne di Albignasego (PD) ed un 43enne moldavo residente a Fontaniva (PD), titolare di una società milanese di carpenteria. A loro erano intestati i siti internet, le sim telefoniche ed i conti correnti utilizzati per ricevere i pagamenti. In seguito è stato individuato anche un quarantenne di Sandrigo (VI), che faceva da tramite attraverso Skype tra i reali ideatori, gli organizzatori e i beneficiari della truffa.
Tutti e tre gli indagati avevano già precedenti per reati contro il patrimonio.
Analizzando i dati degli accessi ai conti correnti dei truffatori, la Procura è riuscita ad arrivare fino in Sardegna: le utenze mobili, infatti, per gestire i soldi ottenuti tramite i biglietti falsi, agganciavano celle di antenne telefoniche sul terrotorio sardo.
Per cercare di far perdere le loro tracce e rimanere nell’ombra il denaro veniva trasferito da un conto corrente all’altro, fino a riciclarlo tramite investimenti in Bitcoin.
Il “colpo di scena” è stato quando gli investigatori sono arrivati ad identificare negli ideatori di tutta la maxitruffa due giovani ed insospettabili professionisti della provincia di Sassari.
A loro sono stati sequestrati un tablet ed alcune sim card usate per le frodi.