L’uomo invisibile
di Leigh Whannell
con Elisabeth Moss, Storm Reid, Oliver Jackson-Cohen, Aldis Hodge, Harriet Dyer
Donna fugge da villa ricca e ipertech e perde tubetto di psicofarmaci: un uomo quasi la raggiunge. Lei fugge da una brutta storia ossessiva, lui sappiamo che si suicida e le lascia una somma enorme. Era un magnate di tecnologie ottiche. Adesso lei si sente anche più spiata di prima. Suggestione? Il modo nuovo di raccontare in film L’uomo invisibile di H. G. Wells, premesso che è un invisibile tecnologico plausibile (si basa sugli studi militari sull’invisibilità), è mostrare stanze vuote e far presumere che l’uomo invisibile sia dappertutto. Ma siccome la protagonista ha troppi psicofarmaci nel sangue, si può anche pensare che sia tutta sua immaginazione e tutti la trattano da matta. Bell’idea. Come dice il fratello del morto “L’unica cosa più geniale che inventare un sistema per rendersi invisibile è non inventarlo ma illuderti che l’abbia fatto”. Questo è in pratica il metodo di Leigh Whannell, che omaggia se stesso: Whannell è lo sceneggiatore e poi regista della franchise Saw -L’enigmista e poi della franchise Insidious: il suo mood è molte idee, pochi soldi, tanti spettatori. È affascinante l’idea di un film tutto dalla parte della vittima che non vede il mostro se non per deduzioni, indizi e qualche lancio di vernice? Questo è solo il primo tempo, poi l’invisibile si fa visibile e l’incredibile credibile e si rientra nel film d’azione. Bello? Dipende dallo sguardo di chi lo vede…
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