Galveston

Vite orrende e anime in tempesta, un nero esistenziale

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Galveston
di Mélanie Laurent
con Ben Foster, Elle Fanning, Jeffrey Grover, Christopher Amitrano, Mark Hicks

La regista, all’opera prima, in Bastardi senza gloria di Tarantino era Shoshanna, la proprietaria del cinema in cui fanno schiattare Hitler e tutto il Terzo Reich, l’autore del romanzo (il Nic Pizzolatto di True Detective) qui come sceneggiatore si firma Jim (come Thompson) e Hammett (come Dashiel). C’è il killer da poco Ben Foster a cui trovano un tumore terminale: non ha più niente da perdere, quasi perde i polmoni per fuggire a una trappola imbastita dal suo capo, quasi perde tutto quando incappa nella prostituta Elle Fanning e raccatta per strada una bambina. Sorella? Figlia? Silenzi, crisi, violenza diffusa, vite brutte, storia un po’ troppo vista di puri e duri in cerca di luce, cool nelle intenzioni, spesso così intensa e interiore da sfiorare il soporifero esistenziale. Incunearla in un tornado che apre e chiude molto simbolicamente la parabola di anime perse e riscatti impensabili, è quasi un’ingenuità, preceduta anche da un atto di bontà. Sensazione: questo genere di narrazione discende sempre dai Miserabili (quelli di Hugo), a volte non ce la fa. Galveston, Texas, dovrebbe essere il luogo del riscatto…

 

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