Esce in questi giorni un libro davvero interessante: a mio avviso dovrebbero leggerlo tutti quelli che orbitano attorno al mondo delle radio private, perché ricostruisce la storia della radio in modo certosino, partendo dai primi esperimenti a inizio Novecento per arrivare ai giorni nostri, e al tempo stesso fa capire quanto questo strumento abbia influenzato le nostre vite, e continui a farlo.
Il libro si intitola Suoni nell’etere – 100 anni di musica e radio, lo ha scritto dopo anni di ricerche Simone Fattori e lo pubblica una piccola casa editrice, Vololibero, che edita spesso titolo interessanti.
Pur essendo molto documentato, è una lettera piacevolissima. Spiega l’editore: «Questo libro si legge come se si ascoltasse una trasmissione radiofonica. È diviso in blocchi, ha i suoi spot, la sigla finale e, naturalmente, i suoi podcast. Ogni blocco inizia con un QR Code che indirizza a una playlist di You Tube dove troverete brani legati ai contenuti del blocco. È possibile accedere alle playlist anche digitando l’URL riportata sotto il QR Code».
Suoni nell’etere è zeppo di storie e aneddoti molto interessanti. Racconta le storie delle emittenti radiofoniche, delle evoluzioni tecnologiche e legislative, delle voci più celebri e persino delle canzoni, spiegando come mai se titoli come What’s Going On di Marvin Gaye, Bohemian Rhapsody dei Queen o Creep dei Radiohead, per citarne tre soltanto, hanno avuto successo planetario è grazie a tre deejay che se ne sono innamorati, inserendoli a loop nei loro programmi radiofonici.
Insomma, è un libro davvero interessante, e ne consiglio vivamente da l’altura.
Di seguito, pubblichiamo un estratto di Suoni nell’etere di Simone Fattori, per gentile concessione dell’editore Vololibero. È la parte in cui si racconta la nascita, nei primi anni ’70, delle primissime radio libere, tutti esperimenti durati pochi giorni o addirittura poche ore.
di Simone Fattori
I tempi erano maturi per la stagione delle radio libere, sentito come necessità di cambiamento e di rottura del monopolio della Rai e avocato come diritto all’espressione, che l’articolo 21 della Costituzione sanciva perseguibile “con ogni mezzo di diffusione”. Serviva soltanto qualcuno che facesse la prima mossa.
Alle 19 del 25 marzo 1970 Danilo Dolci, poeta e attivista politico siciliano, apre le trasmissioni di Radio Libera Partinico, in un Belice non ancora rialzatosi dal terremoto del 1968, con queste parole: “SOS Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza”. Lo fa dunque per denunciare l’abbandono da parte dello Stato e le ingerenze mafiose nella ricostruzione. L’avventura dura 27 ore, quelle che impiega la magistratura per inviare negli studi la polizia per sequestrare le apparecchiature e denunciare i responsabili. Ma tanto basta a Radio Libera Partinico per essere annoverata come la prima radio libera italiana, in un panorama che, come vedremo, registrerà diverse candidature alla primogenitura. A essere precisi, infatti, già nel 1968 c’era stato un tentativo analogo in Toscana, a opera di Carlo Andrea Lazzoni, con Radio Massa Attiva, durato anch’esso poche ore.
Negli anni successivi tutto tace, ma il fuoco cova sotto la cenere. Ci furono decine di “prove tecniche di trasmissione” sparse in tutta Italia: Radio Potenza Centrale, Radio Sacro Monte, Radio Fiemme 104, Radio Crotone International, Radio Voghera, Radio Valle Camonica, Radio Milano Palmanova, Radio X a Napoli, Radio Borgomanero, Radio Montegrappa Vicenza, Radio Prato, Radio Marche Ancona, Radio Diffusione Pistoia.
In tutta Italia giovani ingegneri o semplici radioamatori smanettoni seguirono l’esempio e organizzarono l’aspetto tecnico dell’avventura. Non esistevano infatti in commercio trasmettitori per la Modulazione di Frequenza, dunque questi pionieri erano costretti a riconvertire artigianalmente trasmettitori militari americani comprati nei mercatini delle pulci o altre apparecchiature di fortuna.
Il 23 novembre 1974 partono le trasmissioni di “Radio Bologna per l’accesso pubblico” da una roulotte parcheggiata sui colli bolognesi, e collegata all’elettricità in una cascina isolata. E un’avventura corsara, perché lo Stato si è organizzato e per mantenere il monopolio della Rai ha sguinzagliato l’Escopost, polizia postale attrezzata con ricevitori mobili e incaricata di scovare i trasmettitori e sequestrarli. Per questo cambieranno frequenza ogni sera, ma questo non impedirà loro di raggiungere un notevole numero di ascoltatori. L’esperienza bolognese è singolare perché ricorda più le modalità delle radio pirata del Nord Europa che lo sviluppo che avranno da lì a poco le radio libere italiane. Inoltre le sue peculiarità riguardano l’organizzazione, sorta intorno alla Cooperativa Lavoratori Informazione, guidata dal futuro regista Roberto Faenza, e la programmazione, tutta incentrata sui piccoli problemi dei quartieri di Bologna, con accesi dibattiti aperti ai cittadini. Un gesto dal preciso intento politico, che durò una settimana e che, come ricorderà Faenza in anni successivi, terminerà “un minuto dopo che Aldo Moro, Presidente del Consiglio, firmò il primo decreto di riforma della Rai. L’emissione fu totalmente politica proprio per stimolare tale riforma”.
La riforma prevedeva l’istituzione delle tre reti (Radio 1, Radio 2 e Radio 3) e di tre testate giornalistiche (GR1, GR2, GR3), più le strutture del DSE, della Direzione tribune e accesso, della Direzione servizi giornalistici e programmi per l’estero. Ma è anche il primo passo per la riforma del settore. I pionieri, pronti con le loro attrezzature modificate, sentono che si può partire con le trasmissioni.
Il 1° gennaio 1975 partono le trasmissioni di Radio Parma, di proprietà di Virginio Menozzi, con il giornalista Carlo Drapkind come direttore. Il 10 marzo Angelo Borra fonda Radio Milano International. Sono le emittenti che da allora si contendono il primato di prima radio libera italiana, che documenti alla mano spetta a Radio Parma. Sono in ogni caso quelle che continuano da allora le loro trasmissioni, anche se furono quasi immediatamente accomunate da un sequestro giudiziario e una conseguente temporanea chiusura delle trasmissioni.