Viola Nocenzi: “Prima di definirti ‘artista’ devi studiare, e non puntare all’apparire”

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Figlia d’arte, Viola Nocenzi ha la musica nel sangue, e respira l’odore del palco sin da bambina, coi concerti del padre Vittorio, membro fondatore e tastierista del Banco del Mutuo Soccorso. A quattro anni Viola inizia a suonare il pianoforte, simulando un suo spettacolo. A 15 anni si immagina cantante. Il suo è un destino già segnato: un giorno avrebbe calcato il palco e registrato le sue canzoni.

Il 4 dicembre debutta con un disco intitolato a sé stessa, Viola Nocenzi (su etichetta Santeria, distribuzione Audioglobe), mettendo in luce il suo talento vocale e musicale, che unito alla regia dello zio Gianni Nocenzi (arrangiamenti, produzione artistica, supervisione missaggi, mastering), la collaborazione di Andrea Pettinelli e dei musicisti de Lo Zoo di Berlino, fanno del suo ‘battesimo’ discografico una piacevole scoperta. Sette brani tutti composti da lei, con testi di Alessio Pracanica (eccetto Bellezza firmato interamente da Viola), che accompagnano l’ascoltatore in un viaggio tra le trame dell’amore e della bellezza, colonne portanti dell’intero progetto.

INTERVISTA

Il fanciullino’ tanto caro a Pascoli è tanto caro anche a te, visto che il disco si basa sì sull’amore, ma anche sulla capacità di stupirsi delle “piccole” cose.
Hai colto completamente l’essenza… Lo stupore, la meraviglia che è alla base del mio carattere, di conseguenza è anche colonna portante di questo progetto musicale.

Lettera su Marte (primo singolo) mette in secondo piano le distanze fisiche, in un tempo in cui le distanze sono esacerbate dal Covid.
Il brano è indipendente dalla pandemia: ovviamente lo si può leggere anche in questo senso. La canzone ha una genesi lunga e particolare. Il testo è stato scritto due anni fa da Alessio Pracanica. Una mattina, per caso, ho scritto una canzone che funzionava perfettamente su quel testo: la canzone è nata così.

I testi sono tutti scritti da Alessio Pracanica (che hai già citato), eccetto Bellezza. Com’è nato il vostro connubio?
Scrivo con lui da molti anni, ci siamo trovati subito bene. Lo stimo molto come intellettuale, scrittore, anche per i romanzi che ha scritto. Ha questa dote di capire in modo quasi telepatico l’intenzione delle mie note. Abbiamo scritto insieme più di 50 brani, scegliendone infine 7 per il disco.

Colui che ami nasce da un passo del Vangelo.
È un’ispirazione laica, un volersi immedesimare in situazioni che non si riescono a cambiare. Un tentativo disperato di trasformare qualcosa di doloroso in qualcosa di bello. La meraviglia, il voler essere speranzosi, la ricerca della bellezza… sono il filo conduttore di tutto l’album.

Vienimi a salvare dal cattivo esempio’, cito il brano. Oggi chi dà il ‘cattivo esempio’?
Le persone che si comportano senza consapevolezza. Quando si perde la memoria di ciò che siamo stati e ciò che siamo, quando non applichiamo introspezione e quando ci lasciamo ‘scegliere’ invece di attivare il libero pensiero.

Faccio riferimento al brano Itaca… Ulisse è un po’ l’eroe astuto per eccellenza. Tu sei come Ulisse o segui l’istinto?
Hai colto un aspetto importante del mio ‘essere’. Itaca è un brano a cui tengo molto, è la metafora del viaggio, l’odissea lunga una vita, ma è anche una metafora di una parte fondamentale del mio carattere. Ho parlato di aspetti spirituali, ultraterreni, legati ad ideali, ma sono anche una persona molto passionale.
Quindi Itaca fa capire i due lati di me.

Bellezza chiude il disco, un brano che hai scritto interamente tu. ‘Che non sia la banalità delle false promesse’, cito. Sei stata vittima di false promesse?
Sì, come credo molti. Credo molto nella parole e negli impegni presi. Credo all’atto di ringraziare le persone… All’interno del libretto del cd c’è una parte dedicata proprio a questo tema. L’essere grati verso chi ci ha dedicato del tempo, dell’attenzione… Il confronto deve essere costruttivo ed edificante, le false promesse non sono mai positive.

Il disco vede alla produzione Gianni Nocenzi, che è anche tuo zio. Com’è stato lavorare con lui?
Ho un rapporto meraviglioso con la mia famiglia e il mio cognome. Anche nell’album c’è fieramente il mio cognome. Lavorare con mio zio è stata un’esperienza molto formativa, che mi ha permesso di crescere. Quando hai l’opportunità di confrontarti con artisti simili, che ami anche profondamente, è il massimo.

Senti il ‘peso’ di essere la figlia di Vittorio Nocenzi?
No, sento onore e gioia. Sono molto legata a mio padre, gli devo tutto, come donna e come artista. Sono felice di vedere che questo percorso musicale sia approvato anche da lui.

Ti ha dedicato un post su Facebook. Te l’aspettavi?
Non me l’aspettavo. Mi ha commosso, soprattutto perché lui non fa sconti, non fa false promesse. Sono certa che se non avesse pensate davvero le cose che ha scritto, non le avrebbe dette.

Quando hai capito di voler fare questo lavoro? Hai iniziato a studiare pianoforte a 4 anni..
A 4 anni ovviamente non ero consapevole, simulavo i concerti, fingendo di stare sul palco. Invece intorno ai 15 anni ho capito che avrei voluto fare questo, provare a registrare le mie canzoni. In fondo sono ‘cresciuta sul palco’, e il palco e la musica rappresentano la ‘mia famiglia’.

Insegni anche canto. Se ti chiamassero come vocal coach in un talent show andresti? E in gara?
Direi di no, ci tengo molto allo stile di vita che conduco, che non è legato all’apparire, ma all’essere. Togliere tempo allo studio, alla ricerca personale, ai miei alunni.. è una cosa che non farei.

Il filo conduttore del disco (lo dicevamo) è l’amore e la bellezza. Cos’è l’amore per te? E visto che sei anche una bella ragazza, ti chiedo quanto conta la bellezza estetica in un tempo in cui il ‘must’ è essere perfetti.
Questa è una gran bella domanda. L’amore è Dio. Sono anche una grande appassionata di filosofia, che è la mia laurea… È quello che cito nella canzone Bellezza: quando pensi che tutto sia possibile, grazie a qualcuno che viene a ‘salvarti’ da quello che non riesci a trasformare in ‘bene’. L’amore è la cosa in cui credo di più. La bellezza di cui parlo nel disco è metaforica… la bellezza estetica, invece, direi che è importante, ma da sola non funziona. Solo l’involucro fisico non regge, oltre questo devi saper comunicare ‘chi sei’. È il carisma che vince su tutto.

Hai già pensato al prossimo singolo?
Mi metti in difficoltà (ride). Ci sto pensando, ci sto pensando. Mi leggi nel pensiero.

Ami fare shopping. Cosa compri?
Il mio è uno shopping creativo, non faccio spese folli, e sicuramente non guardo le ‘marche’. Di certo mi diverto molto a fare spese, che può essere di una magliettina o di un fiore, arricchendo così, ogni tanto, la mia giornata con elementi che mi possano rendere felice. Compro soprattutto cd, vinili, libri, e anche film.

C’è un artista, tra le varie collaborazioni avute, che ti è rimasto particolarmente ‘nel cuore’?
Tantissimi, sicuramente le persone che sono state ‘vicine’ alla mia famiglia e che ho potuto vivere anche lontano dal palco. La collaborazione che mio padre ha realizzato con Franco Battiato è stata importante anche per me. Ho avuto la voce di Franco per mesi ‘in casa’, una possibilità per me enorme di imparare. La mia esperienza diretta più importante è stata quella con mio padre, quando ho avuto l’opportunità di lavorare con lui in teatro come pianista, e poi quella con  Rodolfo Maltese, il chitarrista che mi ha insegnato a cantare con la chitarra. Sono le due collaborazioni più importanti, oltre quella con mio zio Gianni.

Hai lavorato sodo per raggiungere una certa credibilità. Oggi conta ancora essere preparati o è più importante essere famosi?
Penso che una buona parte delle persone abbia capito che si tratta di decostruzione e non costruzione. Io penso invece che prima di credere di essere un ‘artista’ bisogna costruire precedentemente. Anzi… se ti definisci ‘artista’ da solo non lo sei veramente. Credo molto nello studio.

Un disco d’esordio in piena pandemia: prova di coraggio o d’incoscienza?
(Ride) Bella domanda. Devo dire che tutte le persone che hanno lavorato in questo progetto, incluso Lo zoo di Berlino che ha collaborato con mio zio sugli arrangiamenti e produzione, e Nicola Vannini della casa discografica, non hanno avuto dubbi sul progetto. Non so se siamo tutti incoscienti o forse abbiamo capito che la musica viaggia parallelamente agli accadimenti del mondo, e soprattutto nei momenti di bisogno può essere maggiormente utile.

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