Coma_Cose: “Nostralgia”, il nostro album intimo e dai tratti vintage

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Coma_Cose

Appena prima di salire sul palco dell’Ariston, nel corso di questa intervista, i Coma_Cose ci avevano detto che Nostralgia – il loro nuovo album di inediti in uscita il prossimo 16 aprile – era un disco intenzionato a “ritrovare della vita”, a rituffarsi negli sprazzi di normalità e di routine sospesi da circa un anno.

Dopo un periodo di riflessione e pausa che ha coinvolto il mondo intero e lo ha disabituato alla normalità, la voglia di raccontare le ordinarie pieghe dell’esistenza era infatti tanta e, per farlo, era necessario rifugiarsi nel passato. Un passato recente, remoto, allegro, triste, riflessivo, superficiale, personale, collettivo. Ma pur sempre pieno di vita.

Dopo aver ascoltato in anteprima questo disco scritto da Fausto Lama e California (i Coma_Cose) in collaborazione con Mamakass – che ne cura anche la produzione – e dopo aver incontrato (virtualmente, of course!) i Coma_Cose che ce lo hanno raccontato in maniera più approfondita, possiamo dire che l’obiettivo è stato centrato.

Racconti di una provincia lasciata per la Città, che “in questo anno di chiusure ci è mancata più che mai, ma che viviamo con il solito contrasto di chi ci nasce e non vede l’ora di scappare non appena ci rimette piede” si mescolano – in questo Concept album – a viaggi interiori e consapevolezze del presente. Regalandogli una connotazione vintage nei suoni, nei temi e anche nella struttura.

“Questo disco è breve, concentrato, composto da soli 6 brani più uno – racconta California e aggiunge – non è stata una cosa voluta, solo un’esigenza narrativa: siamo riusciti a dire ciò che sentivamo di voler dire in pochi pezzi. E pubblicare un disco così breve in questa epoca ci è sembrata anche una sfida e una piccola rivoluzione”.

Nostralgia – titolo che viene dall’unione delle parole nostalgia e nostra, proprio per sottolineare quanto si tratti di un disco molto intimo – è nato durante il lockdown, ma rispetta perfettamente l’intenzione della talentuosa coppia di artisti, insieme sul palco e nella vita, di non ricollegarsi pedissequamente all’attualità e alla contemporaneità.

I due, piuttosto, hanno avuto il potere di recuperare la bellezza trascorsa – che sembra ormai lontanissima – raccontandola con un pizzico di malinconia. Di guardare al passato dolcemente, con gli occhi di oggi; voltarsi indietro con la consapevolezza di essere diventati adulti. E, attraversando le montagne russe dei sentimenti in un continuo saliscendi, di provare un pizzico di nostalgico piacere nell’ammirare il cammino percorso. E di dire ai Fausto e Francesca (California) del passato: “Tieni duro, non mollare, cerca di divertirti il più possibile”.

In Nostralgia, i Coma_Cose si distanziano dai suoni e dai temi del passato, senza però stravolgersi. E mettono in musica un flusso di coscienza che li ha portati da essere due commessi a Milano a non smettere di credere in un sogno e diventare, nel giro di pochi anni, una delle rivelazioni di Sanremo 2021 con la loro Fiamme negli occhi.

Il brano, certificato disco d’oro a tre settimane dall’uscita, ha superato oggi i 4 milioni e mezzo di views su Youtube e ha portato i due musicisti a moltiplicare gli stream su Spotify e il loro seguito social. A raggiungere il grande pubblico e diventare, finalmente, parte integrante e riconosciuta del cantautorato italiano.

E proprio Fiamme negli occhi si inserisce perfettamente nel percorso di questo lavoro discografico e ne diventa il leitmotiv: la fiamma che brucia – quella dell’arte, dell’infanzia, delle ambizioni, dell’amore, della vita – attraversa infatti, in maniera più o meno evidente, tutto il concept , sin dalla copertina, e lo accompagna per mano.

Nostralgia è una raccolta introspettiva. Una collezione costruita su istantanee di vita che attraversano suoni urban e pop, ma anche influenze rock ed elettroniche. E si mescolano a  pensieri complessi, sguardi sul mondo (e su Milano, una delle protagoniste di questo album!), a contrasti e riflessioni, a solitudine e sentimenti.

Un disco perfetto, per essere suonato anche live: “questo album, per le sue sonorità, si adatta a una condizione meno festaiola e più intima che sarà quella che caratterizzerà probabilmente i concerti nel post-pandemia. – dice Fausto – la condizione in cui versa il nostro comparto ci fa un po’ rabbia: capiamo e accettiamo le restrizioni, ma per altri settori, con le dovute precauzioni, sono state trovate valide alternative. I live invece sono ancora bloccati”. Ma i due promettono che non faranno passare la prossima estate senza salire su un palco: “Se le condizioni ci saranno, noi non mancheremo all’appello. Ci sono già alcune date segnate sul calendario ma aspettiamo conferme e direttive prima di sbilanciarci”.

Anche il perdono è uno dei fili conduttori dell’album e diventa, forse, la parola chiave che serve per capirlo a fondo. Perché questo disco dei Coma_Cose è un percorso di crescita, autoanalisi e comprensione che attraversa il passato con la giusta e naturale dose di nostalgia e porta alla consapevolezza di se stessi e alla capacità di superare gli errori e perdonarsi. Un perdono che, come accade nell’età della maturità, coincide con l’accettazione e mai con la rassegnazione.

Nostralgia in fin dei conti è una sorta di album fotografico personale, dai tratti genuinamente retrò, scritto da chi ha voglia di raccontare ma soprattutto di raccontarsi.

I Coma_Cose lo presenteranno in una virtual experience, il 28 aprile alle 17:00. Sarà un’anteprima dedicata a  coloro che hanno pre-ordinato o ordineranno il disco fino al 22 aprile su Amazon, in versione vinile e CD, che riceveranno una mail con un codice esclusivo per partecipare alla presentazione con Fausto e Francesca.

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Nostralgia – Track by track

Mille tempeste

Il brano di apertura inserisce gli ascoltatori in un’atmosfera dai tratti onirici e li trasporta, grazie a un suono distorto e dalle influenze elettroniche, sotto la volta celeste che – nonostante le mille tempeste – ha sempre il potere di cullare gli animi e rasserenarli. Come una moderna Ninna Nanna. La nostalgia, comune denominatore dei pezzi che compongono l’album, compare forte e chiara già nel primo brano: nel ricordo dell’ “adolescenza ancora alle calcagna” vissuta in provincia tra l’odore dei rami d’ulivo bruciati e progetti di cambiamento. E “mentre in una pozzanghera ristagna un pezzo di cielo” di città, quel ricordo si fa più nitido e diventa lo spunto di riflessione di chi aspetta ancora che tutto cambi.

La canzone dei lupi

Uno dei pezzi più riusciti, introspettivi e apertamente autobiografici dell’intero disco, il beat è deciso e le atmosfere lontanamente dark non si allontanano molto dal brano che lo ha preceduto. La canzone dei lupi, scritta in collaborazione con Mamakass, è – per stessa ammissione dei dei Coma_Cose – la canzone d’amore per eccellenza del disco, che suggella la promessa di rimanere coerenti a se stessi, qualsiasi cosa succeda. Ma anche la dichiarazione di indipendenza e libertà di chi, in un mondo dove esiste troppo di tutto e l’omologazione diventa la regola, ha ancora voglia di combattere per la propria individualità, di proteggere il gusto dei sogni aggrappandosi alla musica. E soprattutto di non farsi addomesticare dal tempo. Come fanno i lupi.

Discoteche abbandonate

È forse il brano più vicino alla contemporaneità. Le discoteche abbandonate raccontate in questa canzone sono quelle dismesse da anni, i luoghi di divertimento che hanno accompagnato intere generazioni durante l’adolescenza, i capannoni di provincia che sono stati per tanto tempo il tempio del divertimento e delle piccole trasgressioni ma che hanno chiuso i battenti già da un po’, per lasciare il posto al giro dei locali “in”. Il racconto spettrale di quei luoghi ormai abbandonati tra i rovi, diventa oggi ancora più significativo, perché in epoca post-pandemica tutti i centri di assembramento musicale assomigliano alle discoteche dismesse. Silenti e abbandonate. California in questo brano diventa la voce narrante del racconto di tutte queste macerie lasciate al loro destino.

Fiamme negli occhi

Su questo pezzo c’è poco da dire che non sia già stato detto. Nel percorso collettivo dell’album è di certo il brano che segna anche un cambio di atmosfere. Da Fiamme negli occhi in poi i suoni diventano più sereni, pop, rilassati. E in questo pezzo le parole sono trascinate dalla chitarra portante che gli regala un tema “da spiaggia”. È il racconto di una storia d’amore, sotto ogni punto di vista e con tutti i chiaroscuri del caso: dalla condivisione e la complicità alle difficoltà e i risentimenti. Ciò che resta è la tenacia di continuare a costruire. E mantenere salda la consapevolezza che – nonostante tutto – per aggiungere tasselli a un progetto di vita duraturo, è necessario continuare a far ardere la propria fiamma.

Novantasei

Il pezzo più rock del disco, che ricalca i suoni e i sapori del ‘96. Anche qui i ricordi vividi diventano protagonisti, si fanno sentire nei verbi declinati al passato e nelle istantanee che racchiudono immagini polverose di un viaggio lontano, pronto a ricucire le emozioni dei concerti degli esordi. Il ritornello del brano ha un impatto musicale ed emotivo che non lascia indifferenti, si imprime nella mente già dopo pochi ascolti e mostra quanto i due protagonisti siano legati da un sentimento indissolubile che supera spazio e tempo:  Ma non uscire mai dalla mia testa, sennò lasci spazio a tutto quello che non mi interessa. Perché tu sei quello che vorrei”.

Zombie al Carrefur

Nell’era delle zone rosse in cui fare la spesa al supermercato è diventata l’unica possibilità di uscita “consentita” e di evasione da una pesante routine, i Coma_Cose raccontano di un’epoca in cui quello stesso luogo era invece la tappa obbligatoria prima del ritorno a casa, dopo una serata che termina con le prime luci dell’alba. I suoni delicati e malinconici del  brano emotivamente più complesso del disco, ci catapultano a camminare tra gli scaffali del Carrefur, alle 5 del mattino, con in sottofondo il suono delle casse (riportato anche nel pezzo). Un po’ persi. La canzone parla di una separazione, di un amore finito da accarezzare con i ricordi – “Perché fare la spesa a me fa stare bene, perché mi fa pensare a quando la facevamo insieme” – in cui la rabbia lascia spazio all’attenzione verso un legame che, seppur chiuso, non smette di esistere: “Perché ora che stai meglio sento che  mi devo prendere un po’ più cura di me”. I corridoi del supermercato diventano allora il posto in cui distrarsi e  “fare qualcosa di normale” prima di ritornare tra le mura domestiche a cullarsi nei sensi di colpa e crogiolarsi nei ricordi peggiori.

Outro – skit

Un vocale (non di 10 minuti, ma di 55 secondi!) messo in musica. Un’appendice che assomiglia a una firma. Parole che fissano il senso ultimo del disco e mostrano la volontà di evidenziare il senso di nostalgia che lo attraversa. Suoni retrò, parole che si intrecciano e necessità espressiva, percorrono l’intero album e si consolidano in questa chiusura estemporanea. Una parentesi nata per caso che riesce, in qualche modo, a regalare un pizzico di leggerezza in più all’intero lavoro.

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