Il processo ai Chicago Seven
di Aaron Sorkin
con Sacha Baron Cohen, Joseph Gordon-Levitt, Frank Langella, Eddie Redmayne, Mark Rylance
Su Netflix
Nessun Oscar, solo un Golden Globe allo sceneggiatore e regista Sorkin (The Social Network, Steve Jobs, West Wing) . Eppure, visto oggi è un film storico su una minoranza, (l’extrasinistra americana radical negli anni della contestazione): non è entrato nel criterio dell’inclusività agli Oscar perché è a maggioranza bianca? Vabbé, scherziamo: forse non è un capolavoro assoluto, ma la prestazione di Sacha Baron Cohen nei panni del rivoluzionario e poi suicida Abbie Hoffmann meritava. Allora: durante la convention democratica del 1968 a Chicago vengono arrestati (anzi scelti) come capri espiatori delle violenze 7 rappresentanti delle varie correnti della sinistra giovanile contestatrice e nel mucchio mettono anche il capo delle Pantere Nere, Bobby Seale, anche se era solo di passaggio in città. È chiaramente un processo fittizio, esemplare, costruito dall’FBI su testimonianze artificiali e pilotato, anzi più che pilotato stravolto da un giudice (un efficace Frank Langella) che non conosce vergogna nell’usare i cavilli procedurali contro gli imputati. Siamo a metà strada tra il lavoro di ricostruzione storica e la satira di un momento (drammatico) di storia americana: si scontrano le linee nichilistico hippie (Hoffman, Rubin) e quelle destinate a entrare in politica per la vita (Tom Hayden), c’è un avvocato dell’accusa perplesso e aiuta la difesa un funzionario di stato che ha il dente avvelenato con Nixon. Ironie a parte stesso problema di Judas and the Black Messiah.
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