Barreca: un album per esorcizzare le mie fragilità

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Quando racconta di come è nato e ha preso forma il suo primo album, Dall’altra parte del giorno, Barreca spesso parla al plurale. Quasi a voler sottolineare quanto questo esordio discografico sia stato un lavoro di squadra: costruito, pensato, voluto e realizzato nei minimi particolari da una collaborazione sinergica.

Lui, Domenico Barreca, classe 1986 è un artista gentile e introspettivo che lo scorso 19 gennaio ha pubblicato il suo primo album. 9 brani (+1) che assomigliano tanto a un viaggio interiore in note.

Un disco dinamico, che spazia tra i suoni attraversando le ballad ma anche le influenze elettroniche e i toni del pop-rock. Ed è stato interamente realizzato nella sua Calabria: “Ho voluto fortemente che questo disco fosse scritto e registrato qui, a casa mia – dice – perchè credo che sia la dimostrazione che le cose si possono realizzare in questi luoghi, le possibilità esistono. Basta volerlo e crederci. Non mi ritengo un eroe per essere rimasto. Ci sono tante persone che hanno scelto di rimerene e, in questa terra che viene sempre descritta come immobile e con toni negativi, realizzano tante cose meravigliose. Bisogna ripartire dalle piccole cose e cercare di tenerle strette ma anche e soprattutto di condividerle”.

Abbiamo intervistato Barreca per farci raccontare tutto su questo album e sui tanti progetti che lo hanno coinvolto negli scorsi mesi.

Come mai come nome d’arte hai scelto semplicemente “Barreca”?

Sarò diretto: ho poca fantasia. Non ci piaceva spaziare nel nome cercando qualcosa con un impatto mediatico e mi sono appoggiato al mio cognome. Se però ci penso non è un caso: Barreca sono io e anche nella musica c’è la mia vita, quello che rappresento, le emozioni, la mia visione dell’amore, le mie contraddizioni e il caos che mi porto dentro. E soprattutto ci sono le mie fragilità che poi sanno diventare punti di forza. E proprio in questo album sono riuscito a fronteggiarle.

Questo è il tuo primo disco, come e quando è arrivato questo lavoro discografico, in quanto tempo? E, se posso chiederti, come stai vivendo questa avventura?

È nato da una forte ostinazione: 3 anni fa c’è stato qualcosa che è scattato dentro di me. Ma anche nei due compagni di viaggio che mi hanno sostenuto in questo progetto e che ci tengo sempre a nominare perché è grazie a loro che Dall’altra parte del giorno è quello che è: Riccardo Anastasi che ha curato gli arrangiamenti e ha suonato nel disco e Benedetto Demaio che ha creato i testi secondo il mio caos interiore. Con loro c’è stato un dialogo costante e grazie all’alchimia tra noi sono nati tutti i brani che poi sono storie che mi appartengono pienamnte. Abbiamo cercato di fare qualcosa che ci rappresentasse anche se poteva risultare anacronistica e antica, perché questo disco è stato suonato tutto dalla prima all’ultima nota e con strumenti veri. Non per essere spocchiosi ma perché volevamo fare qualcosa che appunto ci rispecchiasse in ogni modo e senso. È stata un’esperienza fantastica perché avevamo davvero necessità di fare musica, una gestazione di quasi 3 anni che ci ha dato l’opportunità di raccontare bene le nostre storie. È venuto fuori una sorta di concept album, perché è un viaggio interiore vero e proprio.

L’album è particolarmente nostalgico. Parla soprattutto di addii, forti mancanze, storie finite. In Non esistono canzoni felici in realtà ammetti di far parte di quella schiera di autori che scrivono soprattutto nei momenti tristi…

Luigi Tenco è uno degli artisti che mi ha formato tantissimo. E quando lo intervistavano e gli chiedevano perché scrivesse canzoni tristi diceva sempre una cosa: “scrivo canzoni tristi perché quando sono felice esco”. In questa risposta c’è la mia essenza, il perché faccio musica e perché questa musica, a distanza di anni, continua a salvarmi la vita. Cantare è sempre stata un’esigenza della mia anima perennemente tormentata. Le canzoni per me non saranno mai felici perché quando ho un microfono in mano mi metto in connessione con il mio mondo e con la consapevolezza di questo mio approccio e modo di vedere la musica.

In questo pezzo c’è anche un inserimento rap. Da cosa viene la decisione di “contaminare” con un altro genere un pezzo che in realtà racconta del tuo modo di fare musica?

Ci piaceva l’idea di contaminare in questo brano e creare qualcosa che nel disco non c’era ancora. È l’ultima nata tra le canzoni dell’album, scritta a fine ottobre, e mi ha fatto anche tardare l’uscita del disco. Ma sapevo che avrei aggiunto un brano solo se fosse venuto fuori qualcosa che mi rappresentava pienamente. E così  è stato, anzi questo pezzo ha dato consapevolezza al disco intero. Il rap è un genere tanto lontano da quello che faccio io, ma il linguaggio è vero e dal punto di vista di pensieri ed emozioni soprattutto in passato ci sono stati rapper che mi hanno influenzato. Volevo che qualcuno in maniera molto autentica raccontasse tutto ciò che Non esistono canzoni felici  vuole dire, ma in un modo tutto nuovo. Il ragazzo che ha scritto le parole ha colto esattamente il senso di come io mi sentivo nel periodo in cui stavo lavorando al pezzo e l’artista che le canta è addirittura una terza persona, quindi c’è stato un mix di storie e  collaborazioni. Questo connubio poteva sembrare l’unione di due cose molto distanti, ma il messaggio è arrivato ed è stato uno di quei brani che mi ha commosso appena sono riuscito a riascoltarlo finito. Perché si percepisce tanto di quello che sono e questa per me è già una vittoria

Il peso delle virgole e La Nudità, sono invece due brani più legati all’attualità seppure in maniera molto diversa. Come sono nati e da cosa viene la tua attenzione a temi delicati?

In questo viaggio interiore c’è anche la mia visione del mondo, di quello che non mi piace e delle ingiustizie del tempo. Il peso delle virgole è per me un’amara e disillusa fotografia di ciò che ci circonda: spesso sentiamo parole di odio che diventano addirittura slogan di partiti politici, oggi dire la propria opinione su un social network per diventare virali –  anche quando non si hanno le competenze – è diventata un’abitudine, prevaricare l’altro un comportamento all’ordine del giorno. Volevo unificare tutti questi concetti per far capire che queste brutture dovremmo resettarle e cercare di ripartire dalle piccole cose e dalle piccole idee: dalle virgole, dal silenzio e dalle pause. E riuscire a essere migliori. Come prevedevo da questa pandemia non siamo usciti migliori, ma forse abbiamo almeno imparato che dal silenzio si può ripartire e può nascere qualcosa di bello. In questo brano c’è stato anche un Barreca diverso nell’approccio all’interpretazione: io, che di solito ho i toni intimi e gentili, qui ho urlato. Ho alzato il tiro in tonalità meno consone, ma per rendere credibile la rabbia che mi portavo dentro.

Anche per La Nudità la rabbia ha avuto un ruolo centrale?

Diciamo che le emozioni sono state molto simili, in questo caso la rabbia ha avuto una connotazione più drammatica. Siamo stati in dubbio fino alla fine se inserire o no il pezzo nell’album, non perché non fossimo convinti del brano ma appunto per la drammaticità del tema. Registrare questa canzone è stato per me un pugno allo stomaco, struggente: racconto una violenza psicologica che, nella mia concezione, a volte sa essere più devastante di quella fisica. Quelle cicatrici te le porti dentro per tutta la vita perché se una persona riesce a privarti della libertà di vivere serenamente ma anche di sbagliare e commettere i tuoi errori, è chiaro che ti senti soffocare. Riuscire a entrare in questi concetti per me è stato emozionante ma non mi aspettavo fosse così difficile. Però penso che il risultato ottenuto dimostri che ne è valsa la pena: è un messaggio forte che sono contento di aver reso autentico.

È tutto qui invece è un brano che fa parte della colonna sonora di un film, L’incontro di Salvatore Romano. Che esperienza è stata questa con il cinema?

È stata una bellissima sorpresa per me, quando ho visto il film in anteprima, sentire la mia voce su delle immagini di girato. Oltre a È tutto qui fa parte della colonna sonora del film anche E dopo vola, un inedito che non si trova nel disco e che avrà particolare importanza perché accompagna le scene finali. Io non sono uno che si lascia lusingare dai complimenti e non me ne faccio nemmeno troppi ma sapere di aver preso parte, a modo mio, a questo film mi ha dato la sensazione di essere sulla buona strada per trovare il mio posto nel mondo. Stare seduto tra i miei pensieri, a vedere le immagini scorrere sulle mie canzoni, mi ha fatto pensare: forse sto per arrivarci.

Visto che è stata un’esperienza totalmente positiva questa con il cinema, c’è un regista per il quale ti piacerebbe scrivere un brano in futuro?

Vista la fortuna che ha regalato negli ultimi anni alle canzoni ti direi Ferzan Ozpetek. Ha sempre scelto canzoni che restano e io personalmente tutti quei brani me li porto in tasca. Mi hanno regalato molte emozioni. Se anche una mia canzone lo facesse con altri sarebbe favoloso.

L’album si intitola Dall’altra parte del giorno che è anche il titolo del brano che chiude il disco. E qui la nostalgia e gli addii non sono verso una persona ma verso un luogo. Sono scelte volute quella di chiudere con questo brano ma soprattutto quella di dare il titolo di questo pezzo all’intero lavoro, come se la malinconia e la nostalgia raccontate in questo pezzo racchiudessero tutte le altre?

Si, hai colto benissimo. Questo album, l’ho detto tante volte nel corso dell’intervista, è un viaggio di vita vissuta. E questa canzone da come l’impressione di accompagnare i titoli di coda. Ha una lunga coda strumentale non casuale, volevamo che la gente che la ascoltava si potesse immergere totalmente. Forse bastavano già le 9 tracce precedenti, ma abbiamo immaginato questo finale “aperto” come quello di un libro in cui le pagine finali, bianche, spesso sono usate per appuntare le considerazioni personali. Il titolo del pezzo, e anche del disco, descrive anche pienamente ciò che sono: io mi sento sempre dall’altra parte di qualcosa. Ecco perché sulla copertina dell’album c’è una porta: perché ho sempre bisogno di attraversarla, anche se questo vuol dire lasciarmi dietro il mare, i sapori della mia terra, i miei affetti e la mia famiglia. Il mio modo di essere mi fa sempre sentire dall’altra parte di qualcosa. Ma da questo viaggio ideale che mi porta sempre al di là delle cose, “non escludo il riotorno” e lo dice anche il brano finale. Magari a un certo punto la smetterò di aver bisogno di fare le valigie interiori e spostarmi, sentirò la necessità della stabilità, troverò il mio posto felice e non avrò più bisogno di sentirmi dall’altra parte di nulla.

Tracklist Dall’altra parte del giorno:

  1.  La parola noi
  2.  E’ tutto qui
  3.  Il gioco degli amanti
  4.  Il peso delle virgole
  5.  Non ho imparato a vivere
  6.  La nudità
  7.  Non esistono canzoni felici
  8.  Ciao
  9.  Dall’altra parte del giorno

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