Pronto? Sono Bob Dylan

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“Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me, I’m not sleepy and there is no place I’m going to.”

Mi ritrovo con il telefono in mano, puntato sul numero di Bob Dylan. Bob Dylan: il sommo poeta, il cantautore per antonomasia. Per non far riconoscere l’illustre personaggio, in caso di smarrimento del telefono, il suo nome è trascritto come Tambourine Man, confidando nell’ignoranza di colui che se ne potrebbe appropriare. Non ricordavo di averlo, ne ho molti di numeri di musicisti e comunque utilizzo sempre la singola ricerca quando ho bisogno di chiamare qualcuno, quindi non ho memoria dei numeri in mio possesso.

La suoneria del mio telefono è “Jumpin’ Jack Flash” dei Rolling Stones; ma, se dovesse chiamare Lui, l’aria sarebbe pervasa dalle note di “Mr. Tambourine Man”. Questo è ciò che accadde poco tempo fa. Stavo guidando con la radio accesa e, ad un certo punto, lo sentii, era Lui: “Hey Mr. Tambourine Man, play a song for me…” In pochi secondi mi preparo mentalmente, professionalmente e umanamente. Prendo il telefono e abbasso il volume della radio e si abbassa anche la voce di Bob Dylan. Nessuna telefonata… stavano trasmettendo il brano alla radio…

Ho avuto due incontri ravvicinati con il cantore della beat generation. Il primo fu in occasione di un concerto di George Michael. Dylan si esibiva il giorno successivo nella stessa città e quindi, per una lunga mezz’ora, fummo fianco a fianco nell’area “protetta” ed in silenzio ad ascoltare il solista degli Wham. Il secondo, quando mi diede il suo numero di telefono, fu proprio ad un suo concerto, dove richiese di incontrarmi prima di salire sul palco. Questo episodio lo narro in un altro racconto: Come una pietra che rotola

Certo avere il numero di Bob Dylan, il premio Nobel per la letteratura, fa di me un VIP. Potrei esibirlo all’entrata del cinema, di un teatro o forse anche quando mi portano il conto al ristorante ed averne dei vantaggi: -“Lei è amico di Dylan quindi sarà nostro ospite”. Potrei fare anche qualche finta telefonata, di fronte ai più sensibili e, dopo aver chiesto il rispettoso silenzio ai presenti, sproloquiare così: -“Ciao JaKob, sono Max, mi passi papà? Ciao Bob, si si, tutto bene. Volevo solo avvertirti che ci vediamo la prossima settimana perchè domani ho degli impegni. Scusa ti sento male. Cosa hai detto? Hai scritto una canzone nuova e vuoi farmela sentire per telefono? Scusami, è meglio che io ti richiami più tardi, ora  sono con degli ospiti. Ciao, a presto”.

Anche Bob, concedetemi la confidenza, ha il mio numero, lo scambio è stato reciproco. Magari ha cambiato telefono o lo ha perso e con lui ha perso i numeri. Ha perso il mio come quello di Obama o quello di Bruce o Patti Smith, di Ferlinghetti o Scorsese, della Baez e di Clapton. Se invece lo ha ancora, quando chiama Bono, sempre che abbia un motivo per chiamarlo, appena sopra, in rubrica, gli appare il mio numero e si chiederà: “Chi è costui? Quasi quasi lo chiamo per togliermi il dubbio” e dall’altra parte a me compare il nome “Tambourine Man” ed il telefono squilla.

Ho anche avuto il timore che mi telefonasse in ufficio, per lavoro. L’inglese non è la mia lingua madre e per telefono lo è ancora meno, inoltre la pronuncia nasale di Dylan complica ogni cosa. La mia paura era legata al fatto che potesse parlarmi velocemente e che io potessi non comprendere ciò che diceva, ma che, ad un certo punto, giorni o settimane più tardi, si presentasse nel mio ufficio e mi dicesse: “Eccomi, come stabilito sono qui, che impegni abbiamo?” Preso alla sprovvista e senza aver organizzato nulla, cosa avrei potuto fargli fare? La “Superclassifica Show” di Seymandi o “Colpo Grosso” con Smaila? Fargli scattare la foto per la copertina della Settimana Enigmistica? Un vero incubo. Ma  non è mai accaduto, per fortuna.

Potevo chiamarlo quando mi trovavo vicino a Duluth, sua città natale: -“Ciao Bob, sono vicino a Duluth” e lui -“Max, vieni a prendere un caffè a casa mia. Ti aspetto”. Ma non l’ho chiamato in quell’occasione. Mi pareva un po’ invadente presentarmi così all’improvviso. Poteva avere già ospiti o essersi appena alzato e non saper cosa mettersi addosso per ricevermi. Me lo immagino al mattino quando si sveglia e, come tutti gli esseri umani, andrà in bagno, si osserverà allo specchio ed esclamerà: -“Ma, io sono Bob Dylan, non uno qualsiasi, devo inventarmi qualcosa anche oggi. Ecco, ci sono, non vado a ritirare il premio Nobel. Faccio sicuramente più effetto se non vado che comportarmi come tutti gli altri.” Poi andrà in giro a passeggio per le vie di Duluth e la gente si girerà a guardarlo, bisbigliando sottovoce:- “E’ Bob Dylan”. Ma tanto lui a Duluth ci va raramente.

Scusate, ora devo proprio smettere di scrivere. Devo rispondere al  telefono che si è illuminato. E’ Lui e la musica ha inizio: “Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me, I’m not sleepy and there is no place I’m going to.”

(Questo pezzo è un estratto di Rockonti: storie ai confini tra fantasia e realtà, libro scritto da Massimo Bonelli e pubblicato da Caissa Editore. Uscirà a metà giugno)

Ex Direttore Generale della Sony Music, ha trascorso 35 anni nel mondo del marketing e della promozione discografica, sempre accompagnato da una grande passione per la musica. Lavorava alla EMI quando, in un periodo di grande creatività musicale, John Lennon, Paul McCartney e George Harrison hanno iniziato produzioni proprie di alto livello e i Pink Floyd hanno fatto i loro album più importanti. Sino a quando, con i Duran Duran da una parte ed il punk dall’altra, è arrivato il decennio più controverso della musica.In CBS (più tardi Sony), ha contribuito alla ricerca e al lancio di un numero considerevole di artisti, alcuni “mordi e fuggi” come Spandau Ballet o Europe, altri storici come Bob Dylan, Bruce Springsteen, Cindy Lauper, Franco Battiato, George Michael, Claudio Baglioni, Jovanotti, Pearl Jam, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e tanti altri…Si fatica davvero a individuare un artista con il quale non abbia mai lavorato, nel corso della sua lunga vita tra pop e rock.

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