Aldo Cazzullo: per riuscire “a riveder le stelle“ ricordiamoci cosa vuol dire essere italiani

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Debutterà lunedì 7 giugno da Piazza Santa Croce a Firenze, lo spettacolo A riveder le stelle con Aldo Cazzullo e Piero Pelù per la regia di Angelo Generali.

Si tratta di una rilettura rock della Divina Commedia che prende spunto dal libro di Cazzullo A riveder le stelle. Dante, il poeta che inventò l’Italia  (Mondadori, 2020) e che è stata realizzata anche grazie alla promozione del comune di Firenze nell’anno del settecentesimo anniversario dalla scomparsa del Sommo Poeta.

Cultura, musica, poesia, bellezza e un connubio d’eccezione – quello tra il giornalista ed editorlista pluripremiato e il cantautore fiorentino rockettaro -per svelare l’anima nascosta e rock del Poeta che ha inventato l’Italia e l’ha profondamente amata.

A pochi giorni dal debutto, in una pausa dalle prove, abbiamo intervistato Aldo Cazzullo per farci svelare qualche anteprima e raccontarci i retroscena di uno spettacolo che promette di essere unico e indimenticabile.

Da cosa è nata l’idea di questa rilettura rock della Divina Commedia?

Io e Piero ci conosciamo, siamo amici. Lui è venuto a vedere la presentazione del mio libro a Palazzo Vecchio a Firenze. Era un giorno un po’ drammatico perché era il giorno prima dell’inizio del lockdown di ottobre 2020. È stata l’ultima presentazione e poi non ho potuto far più niente. Piero mi ha detto: se hai bisogno di un rocker che legga Dante, io ci sono. Ho pensato che nessuno meglio di un rocker potesse leggere Dante e che quella persona non potesse che essere Piero perché è un artista libero e coraggioso. E le parole di Dante gli si confanno.

In cosa Dante e la Divina Commedia sono rock?

Ti faccio l’esempio dei Diavoli che Dante e Virgilio incontrano nell’Inferno, i loro nomi sono: Malacoda, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto Sannuto, Graffiacane, Farfarello, Scarmiglione, Rubicante Pazzo, questi nomi sono rock. Esplodono come granate, sono quasi musicali. Poi, certo, nella Divina Commedia c’è anche la musica celestiale degli angeli e i cori dei beati: c’è il realismo e il lirismo, il sublime e il comico. Ci sono tutti i registri dell’animo umano. Dante ha a che fare sia con la musica che con ogni linguaggio, può parlare ogni linguaggio. Noi ovviamente lo porteremo in scena sempre rispettando il testo: io racconto storie e Piero legge. E in più è uno spettacolo multimediale che tiene insieme suoni, parole, versi e musica. Ci stiamo emozionando tantissimo a prepararlo e spero di riuscire a trasmettere questa emozione agli spettatori.

Ognuno nello spettacolo ha un ruolo preciso. Avete trovato il modo per completarvi a vicenda: il connubio Cazzullo-Pelù, quindi, funziona?

Assolutamente. Piero Pelù è di una bravura straordinaria, legge Dante in modo fantastico. Penso proprio al canto dei diavoli: Dante e Virgilio li incontrano e loro sono minacciosi e aggressivi. È una specie di commedia dell’arte quella che si crea col sommo poeta. Piero quando legge questo canto diventa un diavolo, è bravissimo. Sono affascinato dalla sua bravura. E poi canterà anche alcune canzoni che in qualche modo riescono a inserirsi nel racconto della Divina Commedia. Ad esempio sull’invettiva “Ahi serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma bordello” del sesto canto del purgatorio, canterà Povera patria di Battiato. È un omaggio ovviamente a Battiato ma anche allo sdegno civile, agli artisti impegnati: da Dante Alighieri a Franco Battiato. Dante è il più grande di sempre ma io sono convinto che quando Battiato scrisse Povera Patria aveva nelle orecchie l’invettiva di Dante.

Nel libro A riveder le stelle. Dante, il poeta che inventò l’Italia da cui lo spettacolo nasce, al percorso dantesco viene affiancato anche un percorso tra le bellezze d’Italia che Dante stesso racconta nella Divina Commedia. Mettere in scena oggi uno spettacolo che esalta le bellezze del nostro Paese è o può diventare anche una sorta di veicolo di promozione turistica, dopo un periodo così complesso per il settore e per l’Italia?

La promoziono turistica non è affar nostro e non è quello il nostro compito. Però Dante è il primo che definisce l’Italia il Belpaese e la Divina Commedia è il libro che fonda l’identità italiana. Intanto perché è scritto in italiano e con questo testo il Poeta ci da una lingua, ma poi perchè ci da anche un’idea di noi stessi. Dante è il primo a parlare di Italia e per lui non era “solo” uno Stato, ma un patrimonio di bellezza e di cultura. La Divina Commedia è anche un viaggio in Italia. Dante descrive le terre che in cui ha vissuto e che conosce bene: la Toscana e la Romagna. Ma descrive anche posti in cui non è mai stato: la Sicilia – che non ha mai visto ma che ama perché la considera la terra della poesia grazie alla scuola siciliana – con l’Etna che chiama Mongibello, come ancora viene chiamato dai siciliani. Lo stretto di Messina, cita Scilla e Cariddi, quindi anche la Calabria. Descrive l’arsenale di Venezia, il Lago di Garda, il Mincio, Mantova, la Lombardia, Roma e il ponte di Castel Sant’Angelo. La Divina Commedia attraversa il nostro Paese e fa davvero venir voglia di viaggiare in Italia. Non è un caso che una delle tappe di tutti i viaggiatori che nel 700 e 800 venivano a fare il viaggio di formazione in Italia era Ravenna, dove c’è la tomba di Dante.

Se si dovesse scegliere, tra tutti, un solo canto da leggere e dedicare alle nuove generazioni, quale sarebbe?

Quello di Ulisse che va oltre le colonne d’Ercole e i confini del mondo conosciuto alla ricerca di nuove terre. Piero, tra l’altro, lo fa in modo straordinario: su questo brano nello spettacolo canterà L’isola che non c’è di Edoardo Bennato che da proprio l’idea di un viaggio fantastico. Scelgo Ulisse perché l’Ulisse di Dante è il primo uomo moderno, la modernità non nasce dalla saggezza ma dall’ignoranza. O, meglio, dalla consapevolezza di essere ignoranti. L’uomo sa di non sapere e si mette in viaggio oltre le colonne d’Ercole, verso l’Isola che non c’è, alla ricerca di nuovi mondi, verso l’orizzonte. I ragazzi devono cogliere questo spirito: lo spirito di avventura, di conquista e di rischio. Non ci sono certezze: questo è terribile ma può anche essere grandioso.

In che modo e attraverso cosa, dopo questo periodo, riusciremo “A riveder le stelle”?

Riscoprendo noi stessi e capendo che essere italiani non è una sfortuna, come tendiamo spesso a pensare, ma un’opportunità. Ed è una responsabilità: vuol dire essere all’altezza di un patrimonio unico al mondo di arte, bellezza, cultura e valori morali che le nostre madri e i nostri padri ci hanno lasciato. Diceva Borges –scrittore argentino che adorava Dante e imparò l’italiano leggendo la Divina Commedia sul tram che lo portava alla biblioteca di Buenos Aires –  che la Divina Commedia è il più bel libro scritto dagli uomini. Leggerla ci fa bene perché ci aiuta anche a mettere la nostra sofferenza in un contesto: all’epoca di Dante la pandemia era una cosa normale, la generazione successiva alla sua fu spazzata via dalla peste nera ma quella ancora successiva fece il miracolo del Rinascimento. Ce l’abbiamo sempre fatta, ce la faremo anche questa volta. Il fatto che il più bel libro scritto dagli uomini sia scritto in Italiano ci ricorda chi siamo e cosa possiamo e dobbiamo fare per tornare a rivedere le stelle.

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