Nella conferenza stampa di chiusura di Scena Unita – il fondo per i lavoratori dello spettacolo nato da un’idea di Fedez – non sono mancate le polemiche e le frecciatine lanciate a una politica per lo più assente. L’attenzione maggiore però, per fortuna e com’è giusto che sia, è stata rivolta ai risultati raggiunti da questo team di artisti e brand che, attraverso una mobilitazione unitaria e un passaparola costante, hanno concretamente aiutato un settore ancora nettamente in crisi.
Sono i numeri a poter dimostrare quanto l’iniziativa abbia avuto successo: 4 milioni e 780mila euro raccolti in poco meno di 8 mesi da 150 artisti; 3 diverse tipologie di bandi che prevedono nello specifico 1 milione e 600mila euro per 1601 lavoratori singoli, 251mila euro a sostegno delle imprese e 2 milioni e mezzo di euro destinati a progetti per la ripartenza (metà di questi ultimi già erogati ai beneficiari). Tutti fondi distribuiti con celerità e trasparenza anche grazie al supporto di Cesvi, fondazione che opera in 33 Paesi del mondo ma che – come dichiarato dal presidente Maurizio Carrara – ha deciso di ritornare alla base, a Bergamo, in un momento di necessità. Molti aiuti, come ha sottolineato Paolo Caroli di Cesvi, sono arrivati alle famiglie nella settimana di Natale, un piccolo grande risultato che ha inorgoglito gli organizzatori.
Eppure, nonostante il sostegno concreto, l’ideatore dell’iniziativa Fedez dice di non essere soddisfatto al 100%: “Si sarebbe potuto fare di più”. Il rapper e marito di Chiara Ferragni ha però le idee ben chiare sui colleghi che non hanno aderito: “Non me la sento di parlare di chi non ha voluto partecipare o di chi non lo ha fatto come mi sarei aspettato, forse non sono stato abbastanza bravo io a trasmettere l’idea che avevo in mente. Di certo sapevo che non era più giusto partire con campagne di crowdfunding e chiedere agli italiani di contribuire, come è successo per gli ospedali in pandemia: dovevamo essere noi artisti a esserci in prima persona e sono orgoglioso della cordata che abbiamo creato insieme”.
E ha poi aggiunto: “Dalle istituzioni e in particolare dal ministro Franceschini vorrei meno propaganda e più pragmatismo: qualche tempo fa il Ministro mi ha scritto di aver approvato le norme per il welfare dei lavoratori dello spettacolo attese da anni e chieste anche da noi, ma ci sono centinaia di persone che lavorano in questo settore che possono smentire questa cosa nel merito. Basta slogan, è giusto che la politica capisca che si tratta di lavoratori come tutti gli altri”.
A fargli da eco anche Manuel Agnelli: “È stato importante non aspettare che arrivasse qualcun altro a risolvere i problemi, quello che è successo è stata una cosa unica che io non ho mai visto nel nostro ambiente: è l’inizio di un percorso più importante di collaborazione fra le entità del mondo di musica e spettacolo che spero possa continuare”.
Come lui anche Vasco Rossi, Francesca Michielin e Levante che hanno fatto sentire il loro sostegno con dei videomessaggi. Ma anche Giusy Ferreri, collegata in diretta, che ha sottolineato quanto, anche semanticamente, Scena Unita rappresenti un punto importante di coesione tra chi in scena lavora, sul palco o dietro le quinte. Shade, presente dal giorno uno alle riunioni, che si è detto orgoglioso dell’entusiasmo del pubblico di giovanissimi che lo segue verso questo tipo di iniziativa, Michele Bravi che ha parlato da artista e anche da spettatore: “In un momento come questo abbiamo tutti bisogno di musica, cultura e spettacolo. C’è necessità di creatività e di avere una visione creativa del mondo in un periodo così complesso”.
Presente anche Gaia: l’artista vincitrice della 19esima edizione di Amici ha ricordato che il suo esordio discografico è avvenuto in pieno lockdown e che, per questa ragione, come tanti tra quelli che hanno partecipato alla raccolta, non ha mai davvero iniziato a suonare live. Nonostante ciò ha voluto contribuire, a suo modo, secondo le sue possibilità e in maniera creativa: ha ad esempio messo all’asta uno dei suoi abiti utilizzati al Festival di Sanremo da Ferragamo e destinando il ricavato al fondo per le maestranze.
Accanto agli artisti è stata importante e fondamentale anche la presenza di brand (come Amazon Prime, Banca Intesa e Bulgari che finora aveva preferito rimanere anonimo) e soprattutto fondazioni, associazioni e organizzazioni del settore. Materialmente alla concreta organizzazione non ha partecipato solo Cesvi ma anche Music Innovation Hub e La Musica che gira.
Andrea Rapaccini, presidente di MIH, ha posto l’accento su un problema molto complesso che riguarda il settore dello spettacolo da troppo tempo e che la pandemia ha solo reso più evidente: per la musica manca una politica industriale, occupazionale, di investimento e di innovazione. “Scena Unita in questo senso deve essere solo il punto di partenza, finalmente c’è stata coesione. Le istituzioni non ci supportano abbastanza ma anche il settore musicale deve iniziare a ragionare come un’industria, unirsi e pretendere una politica comune”. Il che vuol dire porsi anche di fronte all’evidenza che il comparto culturale e creativo è come un iceberg di cui è visibile solo 1/9. La parte in superficie, che tutti vediamo, sono gli artisti ma anche, ad esempio, quei pochi teatri che godono di supporti e finanziamenti pubblici. Ma “sott’acqua” c’è la parte più sostanziosa: i lavoratori silenti ma necessari affinchè ciò che c’è sul palco possa avvenire, le maestranze. E anche centinaia e centinaia di piccoli teatri, club e festival che vanno concretamente supportati sul territorio.
L’intervento e il sostegno sul territorio è ad esempio ciò di cui buona parte del fondo di Scena Unita si è occupata: di 2,5 milioni di euro destinati ai progetti per la ripartenza, circa la metà sono infatti già stati assegnati e consentiranno la realizzazione di tour e spettacoli in tutta Italia. Lo ha ricordato Giovanbattista Jambo Praticò, in rappresentanza de La musica che gira, che ha fatto uno degli interventi più accorati e partecipati della conferenza: “L’esperienza è andata bene abbiamo raccolto una cifra considerevole ma soprattutto siamo riusciti a distribuirla in tempo e con dei criteri oggettivi e trasparenti. Scena Unita è stata preziosa anche perché ha dimostrato che l’unità del settore aiuta a raggiungere risultati credibili, ma auspichiamo che in futuro non ci sia bisogno di questo tipo di iniziative. Non possiamo pensare di sostituire l’intervento pubblico con questi sostegni emergenziali.”
E ha infine aggiunto: “Sappiamo che il Governo sta lavorando a una riforma ma le misure annunciate sono solo un cerottino, mentre il nostro settore ha bisogno di un intervento a cuore aperto. La riforma ha bisogno di coraggio e fogli bianchi per scrivere da zero le regole, non di una sistematina sommaria a ciò che già esiste. Se oggi chi lavora dietro le quinte ha sentito l’esigenza assieme agli artisti di fare qualcosa e intervenire è perché il nostro lavoro non è mai stato considerato prioritario e siamo stati sempre classificati come lavoratori di serie B. Siamo un Paese che vive di cultura del passato ma non investe sulla cultura del futuro. E questo è sbagliato”.