Venezia 78. Inferno rosso. Joe d’Amato sulla via dell’eccesso

Vita e opere di un artigiano del cinema italiano, amato eppure incompreso

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Si chiamava Aristide Massaccesi. Una famiglia tutta legata al cinema. Un numero mostruoso di film e soprattutto un numero mostruoso di film firmati con altri nomi, tra cui Joe D’Amato (che in teoria doveva ottenere l’effetto italoamericano come Martin Scorsese o Robert De Niro). Che film faceva? Le imitazioni della Trilogia Erotica di Pasolini (I Decameroni dai titoli improbabili), gli erotici e i supersottogeneri, i film mostruosi coi cannibali e i nazi, i film sugli squartatori e poi i film porno, quando l’Italia era regina nel mondo per via del porno. Chi era Joe D’Amato? Uno che i porno li faceva per fare i soldi per finanziare altri registi per fare robusto lavoro di artigianato sul genere. Insomma, i porno li disprezzava, la critica disprezzava lui per i porno, oggi tutti sono disposti a riconoscergli quanto meno un mestiere così solido e generoso da aver creato scuole: nel docu di Manlio Gomarasca e Massimiliano Zanin compare persino Eli Roth a sottolineare che quel che per gli italiani era un peccato originale (aver fatto il porno) per gli americani era pura gavetta, soprattutto per gli operatori e direttori della fotografia, che Hollywood non emarginava. La critica francese lo considera un innovatore dell’erotismo, quella americana un re dell’horror. Inferno rosso- Joe D’Amato sulla via dell’eccesso è oggettivamente l’omaggio commosso a una generazione che coltivava sotto falso nome per venderlo come esotico un eccesso all’amatriciana. Oggi il film si apre con un omaggio di  Nicolas Winding Refn.

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