Venezia 78. Spencer

Lady Diana secondo Pablo Larrain, vita breve di una donna inesistente

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E torniamo a parlare di Lady D. Come? Alla maniera di Pablo Larrain, la maniera in cui ha trattato Neruda e Jackie, biografie non realistiche ma neanche fantastiche: introspezioni, dilatazioni, vite brevi, diciamo fantasie realistiche, fatte di vero, di potenziale, di inventato, di mito. Questa Lady D. è un fantasma:  va in Porsche a passare il Natale con la famiglia reale, e si perde, ma anche nel castello, anche in presenza della regina, di Carlo, dei figli e degli addetti alla sua persona o alla sua sicurezza (terrorizzati da comportamenti che possano attirare la stampa) è sempre un fantasma solo che continua a torturarsi su un bisogno di libertà e di normalità che a tratti, etichetta di corte a parte, pare che lei sia la prima a negarsi. Questa Spencer è una nevrosi più che un personaggio, è perennemente incompresa e infelice (ha buone ragioni, compresa la liaison Carlo/Camilla) ma anche infantile e incoerente. Sembra l’incarnazione di un caso clinico che non interagisce con le figure che ha intorno. In questo senso Larrain va lontano dalle riproposizioni da rotocalco, ma lavora in qualche modo a eternizzare il mito della ragazza normale tritata dalla Tradizione. In effetti Diana spiega ai figli che vive in un tempo in cui manca il futuro e il presente è fatto col passato. Sarà che uno vede sotto Lady D.  Kristen Stewart e pensa che aveva già abbandonato la vita degli umani per amore di un vampiro in Twilight

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