Venezia 78. Non lasciare tracce

L’uccisione di uno studente nella Polonia di Solidarnosc e l’eliminazione della verità

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La storia è vera, è semplice e come dice un qualcuno nel film, di quelle che possono accadere dappertutto: uno studente viene portato in guardina e ucciso . Un altro studente ha visto tutto. Tutte le tracce devono essere eliminate. Siamo nella Polonia degli anni 80, Solidarnosc è emergente, padre Popieluszko è ancora vivo, dopo una richiesta di documenti in strada agenti della milizia portano in un commissariato lo studente Grzegorz Przemyk e lo massacrano a calci nel ventre, e poiché lo studente Jurek ha visto e vuole testimoniare in tribunale, si mette in moto una macchina meticolosa a base di commissioni collegate a una regia dei servizi di sicurezza che riferiscono in alto (fino al generale Jaruzelwski) che prevede la distruzione dell’immagine degli studenti (definiti di volta in volta ubriachi, drogati, puttanieri, omosessuali), la distruzione del terreno sociale intorno alle famiglie (accuse di frode, multe sul lavoro, aumento di tasse), la distruzione delle loro vite (cimici e microfoni nei telefoni, furti di lettere, rivelate pubblicamente storie private), lo spostamento delle responsabilità (un processo parallelo per dimostrare che lo studente è stato picchiato dagli infermieri dell’ambulanza) e infine il classico processo farsa pilotato da una procuratrice che butta in ridicolo tutte le prove. Non lasciare tracce, tratto dal regista Jan P. Matuszyński dal romanzo Żeby nie było śladów di Cezary Łazarewicz è il resoconto di questa distruzione della verità.

 

 

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