Supernova
di Harry McQueen
con Stanley Tucci e Colin Firth
Dove stanno andando davvero i sessantenni Tusker (Tucci) e Sam (Firth)? È un viaggio in camper nel nord dell’Inghilterra, ne hanno fatti altri nella loro vita, servirà a parlarsi, volersi bene, rivedere luoghi cari, amici, parenti, e a prendere una decisione. Tusker è uno scrittore di discreto successo, Sam un musicista che ha trascurato la carriera per stare vicino a Tusker. Sono rispettati, agiati, innamorati. Tusker è malato di demenza senile: da alcuni segni sa che sta per perdere controllo e coscienza di sè da un momento all’altro. E vorrebbe uscirne prima. Sam non può accettarlo. È disposto a rinunciare a tutto per accudirlo. In ogni caso è un viaggio da cui non si torna. Sia che si parli della percezione di sè, sia che si parli della morte. Il viaggio (Lake District, Cumbria) è ovviamente un viaggio dell’anima e ha i soliti difetti del cinema che osa il viaggio nell’anima con misura letteraria: è letterario. Un critico inglese ha detto che sembra un confronto tra due scrittori più che tra due amanti sull’orlo della separazione finale. Gli interpreti sono già di per sè due simboli di eleganza e misura, interscambiabili: pare che Tucci e Firth, che sono anche amici e hanno fatto tre film insieme, dopo aver letto la sceneggiatura abbiano deciso di scambiarsi i ruoli e poi abbiano convinto il regista: doveva essere Firth lo scrittore e Tucci il musicista. Il titolo viene dal’hobby dell’astronomia: una Supernova è una stella che esplode e illumina più di una galassia. È il suo modo di morire o farsi universo. Questa è la metafora. Harry McQueen è alla seconda prova di regia: la prima è stata l’intimista Hinterland del 2015
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