È andato tutto bene

Gestire la propria morte, versione Ozon

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È andato tutto bene
di François Ozon
con Sophie Marceau, André Dussollier, Géraldine Pailhas, Charlotte Rampling, Éric Caravaca

Quando in un film qualcuno dice “Andrà tutto bene”, di solito nella scena dopo tutto inizia ad andare male. In un film di Ozon, ironia a parte, dire che tutto è andato bene è quasi ovvio, i compiti Ozon li fa bene. C’è papà Dussolier che ha avuto un ictus, metà del corpo è franata, la voglia di vivere se ne è andata e lui, ricco, gaudente, brillante e tiranno com’è stato tutta la vita (in cui la moglie Rampling s’è nascosta nell’Alzheimer e lui ha scoperto tardi la propria bisessualità) costringe le figlie Marceau e Pailhas a preparargli l’eutanasia. Marceau entra nel lucido delirio, Pailhas resiste un po’. Il resto è costruire l’uscita dalla vita: la clinica Svizzera che ti dà il beverone amaro che ti sposta con dolcezza dal sonno alla morte, ma lo devi bere tu, le procedure burocratiche, gli ostacoli burocratici, lo Stato che se ti becca a cercare la morte ti arresta, Hanna Schygulla che ti accompagna nella morte con tutta la sua sapienza giuridica, la religione, le religioni, il libero arbitrio e quell’istinto di vita che nell’imminenza dell’addio ti spinge a un ultimo pasto al ristorante (Voltaire: un nome, un programma). Film deprimente sul fine vita? Più che altro di deprimente chiarezza: sarà più facile per chi ha più soldi. Ma lo si sospettava…

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