In rappresentanza della quota cantautori, quest’anno, all’Ariston ci sarà Giovanni Truppi. Dieci anni di carriera alle spalle, per questo artista, e una raccolta in uscita il 4 febbraio intitolata Tutto l’Universo che cercherà di riassumerli nei brani più significativi della sua produzione.
Al Festival Giovanni, napoletano di origine e classe 1981, porterà il brano: Tuo padre, mia madre, Lucia. Scritto con la collaborazione, per la prima volta, di altri due autori: Gino Pacifico e Niccolò Contessa.
“Dopo tutto il tempo che ho trascorso da solo negli ultimi due anni, come tutti purtroppo, ho sentito la voglia e il bisogno di confrontarmi con altri, e la scelta delle persone con cui farlo è stata molto naturale. Le parole e la melodia del ritornello, però, mi sono venute in mente passeggiando per Bologna, la città in cui vivo da un paio d’anni. A volte mi succede che arrivino così, di botto, e questo ovviamente ti avvantaggia con la scrittura. Poi sono stato molto tempo a lavorarci su e , più o meno tra la fine dell’estate e settembre, ho iniziato l’esperimento di confronto con altri autori”.
E aggiunge: “Ho fatto sessioni separate con Gino su Skype perché sta a Parigi e con Niccolò invece dal vivo. Poi mettevo insieme i pezzi di ciò che veniva fuori da questi confronti. Successivamente la canzone è passato attraverso Giovanni Pallotti, produttore e musicista con cui lavoro da un po’, Marco Buccelli che è parte integrante di tutto il mio percorso artistico e Taketo Gohara, un produttore fantastico che negli ultimi dieci anni in Italia ha fatto cose bellissime. Solo alla fine è arrivata anche l’orchestrazione con Stefano Nanni”.
Le persone nominate nel titolo sono in realtà, come spiega, solo spettatori della storia che si troverà a raccontare a Sanremo: “Sarebbero mio suocero, mia madre e Lucia, che è il nome di mia figlia. Nonostante li abbia messi nel titolo della canzone, vivo con grande imbarazzo il fatto che ci sia una parte della mia vita privata nel pezzo. Leggendo il testo, però, credo sia chiaro che coincidono con persone che esistono nella mia vita ma non sono fondamentali in questa narrazione. Il fulcro è l’amore, è una descrizione di sentimenti sviscerata – mi è stato detto – in maniera profonda. Ma questo è l’unico modo che conosco quando lavoro”.
Il primo Festival per Truppi che, nonostante una lunga carriera alle spalle, è sempre stato un artista di nicchia, sulla scia delle rivelazioni dello scorso anno Colapesce e Dimartino e i Coma_Cose: “Ovvio che a questo fatto penso, avrò tanta gente a cui rivolgermi stavolta. Ma, in generale, vivo sempre con tormento interiore il momento primo di un’esibizione, qualunque sia la platea, e questo fa anche parte del mio modo di prepararmi a una performance. Anzi, solitamente se non sono nervoso penso che il concerto andrà male, ma non credo di correre il rischio di non essere teso prima di Sanremo (sorride – ndr)”.
Nonostante questo però, l’attesa è tanta e la soddisfazione di essere arrivati all’Ariston è immensa: “Sapevo prima di cercare Sanremo quanto pubblico ci sarebbe stato e diciamo che provo solo a non pensarci più di tanto, per non essere troppo sotto pressione quando dovrò cantare e sentirmi più al naturale possibile. E poi ci vado con questa canzone che trovo sintetizzi tante delle caratteristiche della mia musica e scrittura e mi racconta molto bene. Quando penso che sarò di fronte a tutte queste persone a cui l’Ariston per forza di cose ti avvicina, questo pensiero mi tranquillizza molto”.
Truppi, che da sempre utilizza un linguaggio ricercato e per nulla banale nelle sue produzioni, ammette di essere stato influenzato, in parte, nel brano sanremese come in tutti gli altri, dalla tradizione della sua città: Napoli. “Musicalmente ci sono stati tanti maestri per me e mi sento realizzato quando queste influenze io le percepisco ma non sono del tutto evidenti: penso a Roberto Murolo, Edoardo Bennato o Pino Daniele che ho iniziato a seguire da più grande. Ma soprattutto mi piace, anche nei ritmi , la musica tradizionale napoletana: quella che racconta una storia in maniera antica. In qualche modo credo che questa cosa torni nel mio modo di scrivere. Ma non so se ho gli strumenti critici per specificare questa mia sensazione”. E continua: “Ciò per cui sono debitore alla mia città, però, è soprattutto lo sguardo che mi ha saputo regalare sul mondo, non credo ce ne siano altre al mondo come lei”.
E a proposito di napoletanità tra gli incontri che non vede l’ora di fare all’Ariston c’è quello con Massimo Ranieri: “La mia canzone di Sanremo per eccellenza è Perdere l’amore, quindi partecipare in un festival dove c’è Ranieri è un po’ un cerchio che si chiude. Ma ci sono tanti colleghi che stimo particolarmente in questa edizione: seguo spesso i lavori di Dargen D’Amico e de La Rappresentante di Lista e anche Fabrizio Moro, per quanto sia forse più lontano da me, è un autore che apprezzo molto”.
Nella serata delle cover, invece, ad accompagnarlo sul palco per un duetto ci sarà un altro grande artista, Vinicio Capossela, con cui Truppi interpreterà Nella mia ora di libertá (da Storia di un impiegato) di Fabrizio de Andrè: “Vinicio è uno degli artisti che mi ha più guidato, da quando ho iniziato a fare questo percorso, con la sua musica, il suo rigore e il suo atteggiamento. La scelta è ricaduta su di lui abbastanza velocemente. Portare questa canzone davanti a un pubblico così ampio e tante persone mi spaventa molto e il fatto che lui abbia accettato di partecipare mi fa sentire più tranquillo e più forte”.
Nell’esecuzione di Nella mia ora di libertà, Giovanni Truppi suonerà anche il suo immancabile pianoforte tagliato (per Tuo padre, mia madre, Lucia, invece lo vedremo accanto all’orchestra con voce e chitarra): “Sono felicissimo di avere con me il mio piano. Ho cercato di offrire il mio punto di vista su questo pezzo di De Andrè e di farlo mio perchè non credo mi interesserebbe proporre una versione esattamente uguale a quella originale. Con questo brano però ci sono cresciuto e spero di riuscire a proporre la mia lettura ma con il maggior rispetto possibile”.