Un omaggio a novant’anni dalla nascita
Il 29 dicembre 1986 moriva in una clinica parigina, Andrej Tarkovskij, uno dei più grandi cineasti russi, autore di opere di eccezionale vigore e di affascinante lirismo, dallo stile personalissimo e caratterizzato da una spiritualità capace di recuperare valori autentici, quali l’amore e la fratellanza. Nato nel 1932 in Urss, figlio del grande poeta Arsenij, Tarkovskij diviene allievo di Michael Romm all’Istituto di cinematografia di Mosca e anche di Dovgenko, “un poeta con la cinepresa in mano”, come lo definisce lo stesso regista, che è affascinato dalle sue lezioni. Dopo il saggio finale con il cortometraggio Il rullo compressore e il violino, gira nel 1962 il suo primo L’infanzia di Ivan, vincitore del Leone d’oro alla Mostra di Venezia, tra vivaci polemiche soprattutto con la critica italiana di sinistra, per un’oggettiva rottura con il cinema di guerra patriottico. Nel 1966 termina il suo capolavoro assoluto Andrej Rubliov, straordinario affresco di un tormentato medioevo, in cui visse l’omonimo pittore di icone. Il film è una riflessione sull’arte, sulla religiosità e sul potere, che non piace alle autorità. Il successivo Solaris, considerato la risposta sovietica a 2001: odissea nello spazio, è la storia di tre scienziati di una stazione orbitante, che vedono misteriosamente materializzarsi i loro desideri più nascosti. Nel 1975, sempre più isolato in patia, gira Lo specchio, un saggio autobiografico, giudicato troppo ermetico e perciò ritirato dalla distribuzione. Stessa sorte toccherà a Stalker, un’opera di raro misticismo, con la quale il regista prosegue il suo viaggio nel degrado del mondo, alla ricerca della spiritualità che potrà forse salvare l’umanità. La rassegna della Cineteca, i cui film sono in 35 mm e in versione originale con sottotitoli italiani, propone oltre ai già citati titoli, anche Nostalghia, 1983 e Sacrificio, l’ultima fatica del regista prima della sua scomparsa.