Le 15 canzoni più trash della storia del Festival di Sanremo

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Sanremo 2018

Il Festival di Sanremo, si sa, ha lanciato dal 1951 ad oggi moltissime canzoni meravigliose, che hanno fatto la storia della musica italiana. Accanto a queste, però, devono annoverarsi anche alcuni capolavori trash che, a loro volta, meritano di essere ricordati. In fondo, il fascino del Festival di Sanremo risiede anche in questa commistione tra alto e basso. Un connubio inestricabile, grazie al quale la kermesse è entrata nel corso dei decenni nel cuore degli italiani. E allora ecco la nostra “top 15” delle canzoni più trash della storia del Festival.

15) Nella Valle dei Timbales (I figli di Bubba1988)
La canzone meriterebbe forse un posto più in alto in classifica, ma in questo caso il trash è voluto e questo un po’ la penalizza. Loro erano un supergruppo che si era formato per l’occasione, composto da due musicisti importanti come Mauro Pagani (anche autore della canzone) e Franz Di Cioccio, dal produttore Roberto Manfredi, dai comici Enzo Braschi e Sergio Vastano e dai giornalisti Roberto Gatti e Alberto Tonti. Bubba, per inciso, almeno così spiegavano all’epoca, non era lo storico inviato da Genova di 90° minuto, ma un guru immaginario le cui teorie illuminavano il gruppo.

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14) Troppo sole (Sabina Guzzanti e La Riserva Indiana1995)
Anche in questo caso il trash è talmente dichiarato che la posizione in classifica ne risente. Sul palco si presentano Sabina Guzzanti e David Riondino (autore del pezzo) a cantare, ma è il gruppo alle loro spalle a rendere l’esibizione indimenticabile. Ne facevano parte Sandro Curzi, Nichi Vendola, Mario Capanna, Antonio Ricci, Daria Bignardi, Remo Remotti, Ermete Realacci, Chicco Testa, Marco Giusti, Orsetta De Rossi, Paolo Pietrangeli, Bruno Voglino e Milo Manara.

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13) La fine del mondo (Gigi Sabani1989)
Per il suo debutto a Sanremo il conduttore ed imitatore Gigi Sabani (che, detto per inciso, nel 1983 era stato ai vertici delle classifiche con A me mi torna in mente una canzone) sceglie un pezzo firmato da Toto Cutugno, Franco Fasano e Depsa. Autori importanti che confezionano un brano che immagina il ritorno di Gesù alla fine dei tempi. La frase «me l’aspettavo un po’ più biondo è arrivata la fine del mondo» è irresistibile, ma a rendere memorabile tutta l’operazione è l’esibizione di Sabani, che canta il brano con le voci dei personaggi del suo repertorio, da Celentano a Beppe Grillo.

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12) Nascerà Gesù (Ricchi e Poveri1988)
Cosa abbia spinto i Ricchi e Poveri a portare a Sanremo questo pezzo di Umberto Balsamo che parla di ingegneria genetica resterà per sempre un mistero. Il testo comunque è un capolavoro: «I bambini nascono da soli, senza averli in grembo coi dolori, se tu vuoi li fanno biondi, con degli occhi blu, o comunque come li vuoi tu, nascerà Gesù, o su per giù…».

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11) Ho mangiato la mia ragazza (La Sintesi2002)
A Sanremo l’amore è stato cantato in tutte le sue declinazioni, ma per arrivare al cannibalismo l’attesa si è protratta per oltre cinquant’anni. La lacuna l’hanno colmata nel 2002 i La Sintesi, band milanese attiva per una decina d’anni a cavallo dei due secoli, quell’anno in gara fra i Giovani. Buon per lui il cantante si accorge subito che qualcosa non va ed ammette già ad inizio pezzo: «Dottore ho urgente bisogno di parlare un po’ con lei…». Più avanti, la rivelazione: «Ho mangiato la mia ragazza, per conoscere più a fondo la verità».

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10) Il babà è una cosa seria (Marisa Laurito1989)
Di questa canzone basta già il titolo per farne un capolavoro trash. La brava attrice e conduttrice napoletana canta il suo sogno di scappare in (nell’ordine) Perù, Giappone, India e Cina, ma poi non si smuove a causa di pummarola, ziti col ragù ed ovviamente l’immancabile babà. Perla del pezzo è la frase «la coperta di Linùs», con il nome del celebre personaggio dei Peanuts pronunciato con l’accento sulla u.

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9) Ci vuole k… (Coincido2005)
Sì, la “k” del titolo indica proprio quello che state pensando. D’altronde il primo verso della canzone lascia poco spazio ai dubbi: «Ci vuole culo, l’ho sempre detto io, che nella vita, ci vuole culo». Incredibilmente eliminati dopo una sola esibizione, dei Coincido si sono poi perse le tracce. Non hanno, in definitiva, avuto granché culo.

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8) Caramella (Leo Leandro1993)
L’amore tra un uomo adulto ed una giovane ragazza è un tema che il mondo dell’arte ha spesso trattato. Si pensi ad esempio alla Lolita di Nabokov (e poi di Kubrick) o alla Gabri di Vasco Rossi. A Sanremo c’è stato invece il caso di tal Leo Leandro, chiamato in gara nel 1993 fra le Novità con la canzone Caramella. Il testo ricorda il miglior Gianni Drudi: «Caramella all’albicocca, guarda che bocca, caramella alla mora, guarda che bona». La sorpresa arriva quando si scopre che la protagonista femminile ha 16 anni. «Ormai io li ho passati da un po’, ma tu mi piaci troppo però…» canta il buon Leo Leandro, prima di far opportunamente perdere definitivamente ogni traccia di sé.

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7) La femminista (Antonio Buonuomo1976)
Ispirato da Buscaglione (e un po’ da Carosone), Buonuomo (quando si dice il nome…) si presenta sul palco del Festival di Sanremo nel cuore degli anni ’70 per cantare una canzone che ironizza sulle femministe. Le cronache dell’epoca raccontano che, ascoltata la canzone, un gruppo di donne lo malmenò davanti all’albergo nel quale alloggiava. Epico.

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6) Non ti drogare (Alberto Beltrami1980)
Nell’anno che segna una prima timida rinascita del Festival, sul palco dell’Ariston si presenta Alberto Beltrami (leggenda vuole che fosse il gestore di una nota discoteca di Madonna di Campiglio) per cantare una canzone che lancia un preciso messaggio sociale: «Non ti drogare, non ti drogare che fa male, e se ti droghi, e se ti droghi muori». Di per sé ineccepibile, ma anche tanto trash.

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5) Italia (Mino Reitano1988)
Ancora il Festival di Sanremo del 1988 (terza citazione) ed ancora Umberto Balsamo come autore. In questo caso parliamo della leggendaria Italia di Mino Reitano. Più che una canzone un inno, perché «di terra bella uguale non ce n’è». C’è poco da aggiungere, inarrivabile.

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4) Tu fai schifo sempre (Pandemonium1979)
I Pandemonium avevano già partecipato al Festival di Sanremo del 1978 come coristi di Rino Gaetano, quell’anno in gara con Gianna. Nel 1979 il palcoscenico è stato invece tutto per loro e per l’indimenticabile Tu fai schifo sempre («da mattina a sera», per non avere dubbi), una delle prime canzoni dal sapore demenziale presentate a Sanremo. Storica.

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3) Italia amore mio (Pupo ed Emanuele Filiberto con Luca Canonici2010)
Si entra nel mito. Pupo ed il “principe” Emanuele Filiberto si mettono in coppia e scrivono quello che dovrebbe essere un atto d’amore verso l’Italia. Per buon peso chiamano a cantare con loro il tenore Luca Canonici, perché vuoi non mettere un po’ di “bel canto” in una canzone così patriottica? Riescono nell’impresa di arrivare secondi dietro a Valerio Scanu e scatenano l’ira funesta degli orchestrali, che inviperiti per l’eliminazione di Malika Ayane lanciano in aria gli spartiti. Momenti di puro godimento televisivo.

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2) Sugli sugli bane bane (Le Figlie del Vento1973)
Erano gli anni bui del Festival, ma questa perla è rimasta incancellabile nella memoria di tutti gli appassionati. Nonostante l’inopinata eliminazione che ha negato a Le Figlie del Vento la gioia della finale. Loro erano un gruppo vocale composto da quattro donne, in gara con una canzone che voleva probabilmente essere un nonsense a tema culinario (ammesso che si voglia trovare un qualche significato). Impagabile è anche il titolo dell’album successivo: I carciofi son maturi se li mangi poco duri.

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1) Che brutto affare (Jò Chiarello1981)
Inarrivabile capolavoro firmato nientemeno che da Franco Califano, insieme ad Angelo Varano. Lei poi sarebbe tornata a Sanremo nel 1989 arrivando seconda tra i Giovani con Io e il cielo, ma questa è un’altra storia. Qua ci piace ricordare la partecipazione di Jò Chiarello al Festival del 1981, quello della rinascita definitiva. Un frammento del testo crediamo sia sufficiente per illustrare tutta la potenza di questo pezzo: «Le palle che sapevi raccontare, io ti consideravo un superman, ma non sei neanche un man, scemo, non sei nemmeno la metà di un man». Sipario, è lei la vincitrice.

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2 COMMENTI

  1. i veri cantanti.. quelli che anno fatto grande. san remo. si rivoltano nella tomba ..a sentire quete canzoni. ognuno si esprime come puo’..d’accordo. ma quelli che sentiamo non sono per un festival di san remo.sono per un festival tutto particolare ..per certi personaggi…. particolari. lanno trasformato. in un baraccone. di ambiquita’ basta vedere qualche vecchio san remo, i cantanti erano tutti vesti eleganti e ordinati..la colpa e della rai.. che gli permette tutto.e vergognoso. per i poveri pensionati che con 500 euro al mese di pensione devono pagare un conone. e vedere quelle zozzarie. come achille lauro semi nudo .che si strofinava le parte intimi. e poi si e’ battezzato. la rai dovrebbe, tutelare chi paga il canone invece di fare vedere questi personaggi senza ne arte e ne’parte.. il festival di san remo.dovrebbe esse tradizionale .e no di rane schiacciate che vogliono cantare..siamo obligati a sentire .quello che vuole la rai. ma qualcuno dice..se no ti va.. cambia canale.certo ma io pago un canone e ho’ il diritto di non vedere spazzatura. tony ferrara.

  2. Che bello essere insieme a tanti colleghi farlocchi. vorrei però aggiungere che il 1980 Micocci, che non era l’ultimo discografico di Marte visto che è l’ inventore della parola “cantautore”, credeva molto in questa canzone. Aveva portato al successo Rino Gaeteno con l’ inno della LIDL proprio 2 anni prima tentò il bis con me, ma purtroppo …. Rino era troppo grande e io troppo piccolo. grazie del 6 posto alberto

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