Roberto Formignani è un chitarrista di Ferrara, da sempre amante del blues. Nato nel 1960, suona da quando aveva 12 anni e dunque quest’anno festeggia i suoi 50 anni di musica. La sua storia è stata recentemente raccontata nel libro Tutte questo è blues. Roberto Formignani, una vita a ritmo di musica tra il Mississippi e il Po. Il volume, pubblicato da Arcana, lo si può trovare nelle librerie e negli store digitali.
L’autore è Samuele Govoni, giornalista del quotidiano La Nuova Ferrara, già autore in un recente passato di Una batteria in valigia, biografia di Daniele Tedeschi, da molti conosciuto anche essere stato dal 1984 al 1995 il batterista di Vasco Rossi.
Abbiamo intervistato Roberto Formignani per farci raccontare qualche aneddoto della sua carriera (per la scheda del libro cliccate qui: Tutto questo è blues).
Perché questa biografia?
È un libro che ripercorre momenti storici che non rivedremo più. Non è la biografia di un musicista famoso, è la biografia di un musicista che ha fatto per tutta la vita della sua passione la sua professione, con tanta dedizione. È una bella avventura da raccontare.
La tua passione è sempre stata il blues?
Sono sempre stato immerso nel blues. Ultimamente sono uscito con un disco che ripercorre diversi generi musicali, dal country allo swing, dal rockabilly alle ballad. Dal 2002 ho sempre scritto brani originali, cercando di mettere nel repertorio degli strumentali che potessero essere incontaminati dal problema culturale e di lingua. Un po’ come se dovessero essere delle colonne sonore. Sono sempre stato l’autore di tutti i brani delle band che ho frequentato, in primis The Bluesmen, gruppo che ho fondato con degli amici che adesso non ci sono più e che ha collaborato con diversi artisti d’oltreoceano.
Recentemente hai lavorato con Phil Manzanera. Come è nata questa collaborazione?
Tutto iniziò quando venni contattato da Dan Chiorboli, un percussionista italiano che vive in Sudafrica. Venne a trovarmi a Ferrara, ci fu subito un buon feeling e mi salutò anticipandomi l’intenzione di realizzare un disco sui canti della liberazione, unendo le culture di Italia, Sudafrica e Cuba. Dopo qualche mese ha iniziato a mandarmi dei file, sui quali io mettevo delle chitarre. Queste chitarre finivano poi nello studio di Phil Manzanera. Il progetto si concluse con un triplo cd intitolato The Liberation Project (Songs That Made Us Free). Nel 2018 sarei dovuto andare in Sudafrica a suonare con loro, ma fui costretto a rinunciare per un problema familiare. In seguito però venne organizzata una bella tournée italiana, di oltre venti date, fra cui anche due Jova Beach. C’eravamo io alla chitarra, quattro sudafricani come base ritmica, Cisco Bellotti, N’Faly Kouyatée e Phil Manzanera.

Negli anni ’80 invece hai partecipato a Quelli della notte. Che ricordo hai di quell’esperienza?
Con la Mannish Blues Band nel 1984 suonammo nel programma Via Asiago Tenda di Rai Radiouno, trasmissione presentata da Anna Mazzamauro. In quell’occasione riuscimmo a consegnare un demo a Renzo Arbore, che rimase folgorato e l’anno dopo ci chiamò a Quelli della notte. Fu un trampolino di lancio molto importante, grazie al quale abbiamo suonato sui principali palchi italiani del blues. Nel mese di luglio del 1985, ad esempio, aprimmo il concerto di B.B. King a Pistoia.
Poi cosa è successo?
In seguito il progetto della Mannish Blues Band andò un po’ a scemare perché i vari componenti avevano altre occupazioni ed allora mi concentrai sul progetto The Bluesmen. Per molti anni abbiamo fatto cover e pezzi nostri, poi nel 2002 siamo usciti con il primo disco interamente scritto da me. Da lì è iniziata la collaborazione con Dirk Hamilton e per circa 12 anni abbiamo suonato in tour con lui.
All’attività di musicista da anni affianchi anche quella di insegnante…
Sì, in questi anni così difficili per la musica, fra l’altro, se non avessi avuto la scuola sarebbe stato un disastro. Ho iniziato a insegnare nel 1986, l’anno dopo aver fatto Quelli della notte, alla Scuola di blues di Bologna, nel quartiere Barca. Dopo un paio di anni sono stato chiamato dalla Scuola di musica di Ferrara per fare un seminario e successivamente sono entrato in pianta stabile come insegnante. Nel 2000 sono poi diventato presidente dell’associazione e direttore della Scuola.
The Liberation Project in concerto a Roma, Villa Ada, il 22 luglio 2019:
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