1211. Assisi. Chiara parla in vernacolare ma legge e scrive in latino, e benché femmina e nobile vuole seguire Francesco di Assisi, accampato coi suoi pochi seguaci in povertà e castità. Ma le monache devono stare in convento e se non portano dote sono serve anche se nobili. Chiara rifiuta le nomenclature: niente convento, tutte uguali, tutte serve, tutte libere, tutte povere, tutte come i frati. Siamo al limite dell’eresia e del miracolo: nel suo primo miracolo Chiara ferma un uomo che sta per colpire una donna. Come faccia neppure lei lo sa. La prima struttura delle future Clarisse nella ricostruzione della Nicchiarelli sembra un ashram dove i momenti di gioia diventano ballo e canto, una rivoluzione accanto alla rivoluzione francescana, forse anche più spinta, visto che Chiara al Papa chiederà con forza di scrivere la regola del proprio ordine, altra cosa inaudita. È una maniera nuova di raccontare una santa che ha quasi paura dei suoi miracoli, anche perché non sa dire come e perché avvengano, ma avvengono quando li vuole. Un miracolo parlare di miracoli. A parte un po’ di fatica all’inizio per la lingua – colta- dell’11° secolo, la Nicchiarelli convince
Venezia 79. Chiara
Vita di Chiara, santa quasi suo malgrado, alla maniera della Nicchiarelli