Fred Hersch ed Enrico Rava foto ECM/Luciano Rossetti

Enrico Rava, che si definisce un appassionato di jazz che suona non un musicista jazz, è arrivato alla bellezza di 83 anni e continua a stupire. La sua tromba, che ha attraversato le più diverse stagioni della musica afroamericana (compresa quella “estremista” del free, vissuta dal triestino proprio nel cuore della Grande Mela), si apre ormai da numerose stagioni a un affascinante e magnetico contrappuntare, sottolineare, descrivere, raccontare, che fluisce come innesco di pensieri oppure di brividi sottopelle. Come la musica immortale dei suoi due “maestri” indiscussi, Miles Davis e Chet Baker, di cui Rava rappresenta in qualche modo la sintesi, la distillazione, sia quando vola a capofitto sugli acuti sia quando la sua melodia è amichevole conversazione.

Lui è uno cui «non mi è mai neanche balenato per il cervello l’idea di fare il musicista di jazz, mi sono messo a suonare dal primo momento la musica che mi piaceva. Avessi dovuto suonare altro non avrei fatto il musicista». Uno tra i pochi trombettisti al mondo che può vantare una riconoscibilità dalla prima nota, uno stile personale e originalissimo, un compositore raffinato e un solista che nella lunga carriera può fregiarsi di riconoscimenti e collaborazioni prestigiosissime, con tutti i nomi più importanti e influenti della musica improvvisata, sia a livello europeo che americano. Uno che oggi – il primo incontro è avvenuto nell’estate 2021 a Pescara, poi la registrazione del cd a novembre e i concerti di quest’anno – aggiunge un nuovo nome al florilegio dei partner con cui ha diviso palcoscenico e sala d’incisione, il geniale pianista statunitense Fred Hersch.

Enrico Rava e Fred Hersch
foto ECM/Caterina Di Perri

Del quale Rava dice: «Quando suono con lui ho la sensazione di essere trasportato su un tappeto volante, sul quale vai a esplorare il mondo scegliendo traiettorie e destinazioni sempre nuove.» Non per nulla il musicista 67enne dell’Ohio ha iniziato la carriera alla corte di un grande trombettista, Art Farmer. Una collaborazione nata durante un concerto, quando Art prese letteralmente a calci il pianista che gli avevano affiancato come accompagnatore, chiedendo poi al pubblico se qualcuno fosse disponibile a sostituirlo: per fortuna di entrambi (suonarono insieme dal 1977 all’81, poi il pianista iniziò con il suo trio) Fred quella sera era seduto in una delle prime file e si alzò prontamente.

Manfred Eicher, il boss dell’etichetta ECM, per la quale Rava incide da oltre 15 anni e che vede debuttare Hersch, ha proposto questa incisione in duo, una combinazione che entrambi i musicisti hanno frequentato spesso. Il risultato è un disco, The Song Is You, che possiede il raro potere e la magia di impressionare, di colpire oltre la sensazione immediata, come se i due fossero uccelli giardiniere maschio impegnati a realizzare l’alcova più bella possibile, sapendo che la femmina si concederà per la prima notte d’amore e per sempre solo a chi tra i pretendenti appronta la migliore.

ENRICO RAVA – FRED HERSCH

The Song Is You (ECM/Ducale)

Voto:9

Al tocco sul pianoforte dell’uno delicato ed elegante, con un senso della forma che aspira a un’evidente “classicità”, con una studiata attitudine a ricercare suoni oscuri (anche per questo Rava utilizza nel disco esclusivamente il flicorno), l’altro risponde con una sorta di genuina adesione, di rispondenza franca, di sorpresa contenuta e sviluppata, di “rivolta interiore”, che si dipanano con quella saggezza che fa capire quanto con l’età si diventi ingenui.

Il brano cardine del rapporto, per entrambi uno sviluppo degli incontri precedenti con Enrico Pieranunzi, Ran Blake e Stefano Bollani per Rava, con Ralph Alessi per Hersch (di cui però va almeno ricordato il sublime duetto con Bill Frisell Songs We Know), è il nuovo Improvisation, con quel libero fluire che penetra, insinuante, emotivamente guidato e cesellato, disteso e profondo. Le altre otto track sono rivisitazioni di classici loro e di standard senza tempo, perché, come ci ha detto il trombettista, «conoscere a fondo il brano che si va a suonare per riproporlo in maniera nuova è fondamentale. Dà la possibilità di muoversi con una libertà assoluta, mentre se invece uno suona un pezzo nuovo deve fare attenzione a non perdersi, a ricordarsi, a fare delle scelte. Su uno fatto 10mila volte si suona con una libertà totale, non si pensa più agli accordi o a niente, si vola sopra dei suoni che sono familiari.»

Così è la monkiana Misterioso (che precede la conclusiva ‘Round Midnight, altro classico di Thelonious Monk proposto in versione solistica da un Hersch in spolvero) il capolavoro dell’album, in una versione che gioca tra la discorsività tranquilla e le impennate divertite, tra la ricerca di nuovi intervalli sonori e di colte sequenze di accordi e la spensieratezza lirica, in un equilibrio che ricorda quello delle danzatrici in tutù volteggianti sulle punte. Due le riprese dal repertorio dei protagonisti: l’emozionante ninnananna Child’s Song, che Hersch incise con il grande contrabbassista Charlie Haden, al quale poi la dedicò, e The Trial, che Rava ama particolarmente, molto articolata e lussureggiante pur nella sua leggerezza aerea.

Ancora due le proposte dal great american songbook. La title track (scritta nel 1932 per il musical Music In The Air e che tutti ricordano nella versione di Frank Sinatra) diventa una ballad senza riferimenti, quasi avvolta in sé stessa, un cammino con la sola meta del suo medesimo incedere. I’m Getting Sentimental Over You è quasi decomposta, resa essenziale dal pianoforte che beccheggia come una nave in balia delle onde e il flicorno che fa da riferimento e tiene la barra ben dritta di questo gioiellino dell’immeritatamente dimenticato George Bassman, anch’esso interpretato da The Voice. Completa il quadro, anzi lo apre, Retrato Em Blanco E Preto dei due monumenti Tom Jobim e Chico Buarque, per nulla brasileira ma con un pathos palpabile e denso, con improvvisazioni volanti del piano e poesia distillata del flicorno.

Che dire? Basta citare la cura di oltre 250 cd compilation di new age, jazz, world e quant’altro? Bastano una ventina d’anni di direzione artistica dell’Etnofestival di San Marino? Bastano i dieci come direttore responsabile di Jazz Magazine, Acid Jazz, New Age Music & New Sounds, Etnica & World Music? Oppure, e magari meglio, è sufficiente informare che sono simpatico, tollerante, intelligente... Con quella punta di modestia, che non guasta mai.

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