Dieci anni dopo aver vinto il Festival, Marco Mengoni cosa ritiene sia davvero “essenziale”? Il cantante di Ronciglione, che nel frattempo ha collezionato una caterva di dischi d’oro e di platino, 1,8 miliardi di stream, tour negli stadi, due partecipazioni a Sanremo come super-ospite e molto altro ancora, risponde con straordinaria semplicità: «Il divertimento, ma non inteso come lo scatenarsi a un party. No, intendo il divertimento che si ricava dal fare le cose che ti piacciono, magari pensandoci il giusto, senza riflettere in modo esagerato come facevo fino a qualche tempo fa. Un piccolo esempio? Salire sul palco dell’Ariston, e pensare che al tuo fianco c’è una grande orchestra. Cosa c’è di più divertente per un musicista se non trovarsi in un a situazione del genere?».
Ormai lo sanno anche i sassi: Marco Mengoni torna al Festival come concorrente, canterà Due vite, e ancora prima di ascoltare la canzone in molti gli hanno assegnato il ruolo di favorito, o perlomeno di finalista (che quest’anno saranno in cinque, non più in tre). Lui come vive questo ruolo, che è sempre piuttosto scomodo? O meglio, chi glielo ha fatto fare di tornare sul “luogo del delitto” dopo aver vinto nel 2013 con L’essenziale e esserci tornato per ben due volte (2019 e 2022) nelle ben più comode vesti di super-ospite?
«Il fatto», dice con la gentilezza che lo contraddistingue, «è che quando ci vai come super-ospite è come essere lì di passaggio. Si, sei al Festival, ovviamente ci tieni a far bella figura, però non c’è quell’adrenalina che ti regala la competizione. Ecco allora che ho deciso di rimettermi in gioco. Chi me l’ha fatto fare? Non lo so. Ma so che è stata una mia decisione di cui sono convintissimo».
Canterà, come detto, Due vite, una canzone che definisce «la mia storia infinita. È una sintesi del rapporto tra la razionalità e l’inconscio. Ormai da sette anni sono in analisi. Ogni settimana passo una o due ore a scandagliare i miei pensieri. Durante quelle sedute è come se le mie due vite s’intersecassero. Da una parte c’è l’inconscio, dall’altra la realtà quotidiana. Ne nascono input continui, è tutto un mix di sogni, visione onirica e realtà. Mi è tornata in mente una cosa che diceva sempre il mio insegnante d’arte: “Non leggere mai le didascalie dei quadri, sono definizioni date da altri, che raramente coincidono con le tue interpretazioni”».
Poi aggiunge: «Insomma, è una canzone che racconta molto di me in questo momento, è un viaggio intimo ma anche un invito a tutti noi ad accettare tutto quello che la vita ci offre, senza pensare a cosa dovrebbe o potrebbe essere. Tutto quello che viviamo ci serve per crescere, anche i momenti di noia ci insegnano molto e ci fanno evolvere. Due vite è una riflessione sulla necessità di affrontare la vita godendosi realmente ogni attimo, da quelli di noia anche solo apparente ai sentimenti più accesi, perché tutti sono parte della nostra esistenza. È un viaggio fatto di incontri che guardano sia dentro di noi che fuori, agli altri, e che racconta di come sia solo il nostro inconscio a custodire la reale verità del sentimento che stiamo vivendo».
Questo pezzo è anche il primo tassello dell’ultimo capitolo della trilogia Materia, la cui pubblicazione è prevista entro l’estate: «Ci sto lavorando intensamente. Sono ancora in fase di pre-produzione, alcune parti devo finire di scriverle. Ma sento che sta venendo una gran cosa, sono davvero contento».
Ma torniamo a Sanremo. La prima volta che ci andò, nel 2010, in pochi credevano in lui. «Eravamo soltanto io e la mia manager, Marta Donà. Molti ci snobbavano. Iniziò in sordina anche l’avventura del 2013, anche se col passare dei giorni, quando si iniziò a capire che il pezzo stava piacendo a tutti, l’atmosfera cambiò. Quest’anno voglio che sia tutto diverso fin dall’inizio, così abbiamo inventato questa cosa secondo me bellissima del Lido Mengoni: in pratica uno spazio tutto mio, ricavato nella sede della Canottieri Sanremo, dove riceveremo gli amici, faremo le interviste, ci saranno gli strumenti per fare jam session. Organizzeremo anche tornei di beach volley e biliardino. Poi ogni giorno farò una chiacchierata di cinque minuti con l’amico Fabio De Luigi che diventerà un podcast. Il titolo è Caffè col limone».
Nella serata di venerdì, dedicata alle cover, Marco Mengoni si esibirà con The Kingdom Choir, un coro gospel che da oltre 20 anni rappresenta un’eccellenza musicale con tournée in tutto il mondo e partecipazioni a grandi eventi.
Assieme proporranno una dei brani più iconici dei Beatles, Let it be. A proposito di questo pezzo Marco dice: «È una di quelle canzoni che si fatica anche solo a definire canzone. È molto di più, sono parole senza tempo, un messaggio universale. Ho pensato che Sanremo fosse il palco giusto per ricordarci cosa rappresenta. E ho chiesto al The Kingdom Choir di salire su quel palco al mio fianco, perché credo che sostenere da solo un pezzo così potente sia impossibile».
Qui sotto un breve video in cui Marco Mengoni parla della sua partecipazione a Sanremo.
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