Sono degli “agitatori musicali” della zona di Amburgo e dintorni. Il bassista David Nesselhauf vanta cinque album a suo nome, più partecipazioni a progetti differenti, a cominciare dagli ottimi Oberer Totpunkt, che lasciò dieci anni fa dopo tre cd insieme, e terminare con i recenti Drawbars, Hamburg Spinners e Tetrao Urugallus. In questi ultimi due è affiancato anche dal chitarrista Dennis Rux, produttore e mixer degli Yeah! Yeah! Yeah! Studios nella città sull’estuario del fiume Elba. Un altro degli spinner (che significa “filatore, tessitore”, ma il riferimento è al gruppo vocale soul di Detroit degli anni 60) è il batterista Lucas Kochbeck, sessionman di lusso e membro anche dei KBCS e soprattutto dei Diazpora, in cui forma con Nesselhauf un’invidiabile sezione ritmica. Agli incroci fra questi tre musicisti si aggiunge il tastierista Chris Haertel, che ha suonato nell’album di Nesselhauf Afrokraut II – The Lowbrow Manifesto e in One Finger Only dei Drawbars.

Quando i quattro si sono ritrovati insieme in Danimarca per alcune sessioni di registrazione nel 2020 hanno deciso che era ora di fare qualcosa tutti insieme. Qualche provino e il singolo di debutto nel marzo ‘21 Kung Fu Noir, composto dal chitarrista ospite Alexey Gusev, prima, poi si sono messi a registrare una serie di brani nello studio di Rux. Per completare in maniera originale il loro suono hanno invitato i due fiatisti dei Diazpora – il sassofonista e flautista Kimo Eiserbeck e il trombettista Hans-Christian Stephan – e soprattutto il formidabile violoncellista Friedrich Paravicini, che si è preso cura di tutti gli archi. Definito l’ensemble, gli Angels of Libra pubblicano i singoli Bless My Soul con il “mago” Shawn Lee e con la tedesco-croata Maiiah sul finire del ‘21 Obey, apprezzato in radio come “uno dei brani soul retrò più orecchiabili dell’anno”, a febbraio ’22 il brillante Sunshine e a settembre il classico errebì a domanda e risposta No No No.
Per il loro primo cd pensavano di chiamare diversi vocalist, ciascuno adatto alle sonorità di ogni singola track, finché Rux non ricordò di aver incrociato durante una delle sue infinite sessioni Nathan D. Hollingsworth Johnston, dalla voce perfettamente soul e soprattutto in grado di comporre testi particolarmente interessanti. Risultato: ingaggio immediato per il cantautore irlandese (che viveva a Berlino e incideva per una label di Amburgo), rifacimento delle tracce da tempo abbozzate in studio con l’aggiunta delle liriche e incisione dell’album Nathan Johnston & The Angels of Libra, uscito all’inizio dello scorso novembre dopo alcune vicissitudini.
Infatti nel maggio ’21 un abitante dello stabile in cui si trovavano gli Yeah! Yeah! Yeah! aveva deciso di suicidarsi soffocandosi con il gas, ma la fuga innescò un’esplosione che rese inagibile il palazzo e gli studi, fortunatamente poco danneggiati, in modo definitivo. A Rux ci vollero tre mesi per ottenere l’autorizzazione a recuperare, dentro l’edificio pericolante e destinato all’abbattimento, sia il materiale tecnico, che gli strumenti, specie quelli vintage, sia soprattutto le registrazioni (tra cui diverse basi strumentali preparate dagli Angels), per poi spostare tutto in un’altra location. Inoltre la pandemia ha per lungo tempo impedito al cantante di spostarsi dal cottage di Clifden, nell’Irlanda occidentale, dove con il produttore Kevin Brennan stava preparando il suo secondo album da solista, più acustico e rilassato del precedente Elephant (annunciato per questa primavera, non si sa se uscirà ancora con il nome d’arte Sion Hill o meno), prolungando le riprese definitive. Proprio Angel Of Libra del giugno ‘22 è il primo singolo della nuova connection, lunatico e intrigante. Lo segue All Your Love, che parla d’amore e passione, con i fiati che ne sottolineano tutto l’andamento, e termina quasi in intimità. Entrambi sono stati molto apprezzati dalle radio, non solo quelle specializzate in musica soul.
A novembre scorso è finalmente la volta del primo album. Nathan Johnston & The Angels of Libra è un viaggio pieno di sentimento e d’atmosfera, che attraversa i paesaggi sonori della vecchia scuola soul con un tocco di groove moderno, grazie in particolare ad arrangiamenti di gran classe, che fondono fiati e archi sopra una potente sezione ritmica. Mentre i testi, parola dell’autore, «hanno molto a che fare con l’insicurezza e con il tentativo di trovare un modo per accettare che ci sono sempre percorsi diversi davanti a noi. Può essere difficile decidere quale sia quello giusto, e a volte abbiamo bisogno di una guida. È un esame su ciò che si potrebbe essere e non si è, anche in campo artistico».

Il risultato è eccellente a cominciare dall’apertura, un omaggio a Curtis Mayfield, uno degli artisti soul più influenti di sempre, certamente uno dei riferimenti delle sonorità scelte dai Nostri. Continua, oltre che con i due singoli già usciti, con la old school soul ballad d’amore The Nine Angel Choirs, piena di armonie vocali, cui contribuiscono Vitor Lopes e The Librettes, trio al femminile con Maiiah, Gosia Jasinska, voce blues‘n’folk di Amburgo, e la lirica Jean Cortis, anche nel trio jazz Thejaycase, e con Jericho, che, nonostante la visione apocalittica sulla realtà, è quasi da colonna sonora della blaxploitation con un bell’assolo di tromba. Momenti più blues (In A Different World) e più duri (Modern Times, ispirata alla vicenda umana difficile del soulman Charles Bradley) anticipano la conclusiva Euphoria, che parla di non aver paura di “prendere una pugnalata dalla vita” in maniera discorsiva e filante. L’unico strumentale Icarus è una canzone allegra e super groovy , ma dal retrogusto un po’ inquietante grazie all’uso del vecchissimo organo Philicorda della Philips, datato anni 60.
Le infinite sedute di registrazione che gli Angels hanno messo in atto durante gli ultimi due anni hanno permesso loro di accumulare materiale che si sviluppa in direzioni differenti da quelle del debut album. La prima ad apparire è la combinazione con l’hip hop: è di gennaio il singolo di protesta dalle basi reggae minimali Concrete Jungle e il rapper di Boston Joél Davíd. Ma a sorprendere è proprio tutto il ventaglio sonoro del secondo cd, che esce a spron battuto proprio in questi giorni.
Si intitola Revelations e decolla verso una dimensione quasi psych soul, quasi dimentica della quotidianità, che deve, in una combinazione inedita, molto alle invenzioni dei Kosmische Kuriers tedeschi degli anni 70 (in particolare a certi momenti iniziali della parabola Tangerine Dream) e ai Pink Floyd del visionario capolavoro A Saucerful Of Secrets. Lo dimostra subito l’apertura The Only Thing Left, un’esplorazione dell’ignoto in cui compaiono figurazioni elettroniche (persino il ritorno del vecchio Vocoder per armonizzare i vocalizzi del gruppo) e ripetitività pulsante in crescendo verso lo spazio inesplorato. La successiva title-track è l’unica con Johnston e la più vicina al precedente cd, aperta e cantabile, anche se parla di conflitto e dolore. House Of Zeus è uno strumentale ampio, che confronta il pizzicato degli archi più o meno campionati con il distendersi delle tastiere, intervallato dalle vocalità distorte e inquiete.
A due arcangeli sono dedicate le successive track: Gabriel, una ballad soul punteggiata da tastiere saltellanti, vola sulla voce delicata e puntuta di Jessica “Milo” Milone, la cantante della soulband tedesca Rhonda, e Raphael, che – insieme con la successiva Ganimed – potrebbe essere una soundtrack dei sentimenti meno visibili, di uno spazio senza sicurezze, di un volo tra lievi turbolenze e planate infinite. Il recupero degli strumenti vintage collezionati da Rux continua a piene mani nell’interlocutoria e ipnotica, vagamente orientaleggiante Kung Fu Noir degli esordi e nella conclusiva Ayahuasca, visionaria e ipnotica, introdotta da un parlato tipo trailer vecchio stile e chiusa da un dilatarsi di orizzonti verso una spazialità da “corrieri cosmici”. Gli altri due brani cantati sono In & Out, affidato alla sensualità equivoca di Cortis, e Where Did It All Go, il brano più pop del disco, ma sempre ambiguo e tratteggiato dal pedale wah wah, con la bella voce di Jepka, ovvero Saskia Schön.
Sarà decisamente interessante scoprire come Paravicini e soprattutto Haertel, principali responsabili della linea psico-cosmic-soul della band, e gli altri riusciranno a bilanciarla con lo sweet soul problematico, intenso e terrigno del periodo con il compagno di viaggio irlandese, visto che per aprile e maggio è già programmato un tour con la vecchia denominazione Nathan Johnston & The Angels of Libra e una line up di 10 artisti, che vede la sua partecipazione e anche quella delle Librettes. Di certo continueremo ad ascoltarne delle belle.