Oggi (forse) non sarebbe successo. Uno degli esempi più sgradevoli di the show must go on è accaduto nel gennaio 1967, quando, al termine della prima giornata del Festival di Sanremo, si suicidò nella sua camera d’albergo Luigi Tenco, uno dei più importanti cantautori italiani di sempre.

Causa scatenante l’eliminazione della sua canzone Ciao amore ciao dalle serate finali della kermesse, che continuò imperterrita. Insieme a lui la interpretava Dalida, da qualche tempo suo compagna nonché (benché italianissima, nome anagrafico Iolanda Cristina Gigliotti) tra le più celebri cantanti di Francia. Lei stessa tenterà il suicidio poche settimane dopo, nella camera d’albergo dove Tenco soggiornava quando andava a trovarla a Parigi. Salvata da una cameriera, Dalida morirà nel 1987, per un’overdose di barbiturici.

Il songbook dei due è di altissima levatura – e quello di lei sterminato: vendette in vita oltre 140 milioni di dischi affidandosi a compositori internazionali di assoluto prestigio, tra cui i nostri Dalla, Fossati, Donaggio – e non è invecchiato affatto, a cominciare da quella Ciao amore ciao che oggi ci fa capire bene quanto raramente ci rendiamo conto che in futuro il presente sarà solo un brutto ricordo. Tenco non ci riuscì, decidendo di prendere sul serio e di accelerare l’arrivo al traguardo di quel gioco cui tutti siamo (forse) destinati a perdere: la vita.
Proprio quella canzone apre l’album Una storia d’amore che Grazia Di Michele e Giovanni Nuti hanno deciso di dedicare alla coppia Luigi-Iolanda, ricantando a ruoli invertiti le loro canzoni. La cantautrice romana di Le ragazze di Gauguin (1986), Gli amori diversi (1993) e Giverny (2012), e il cantautore viareggino, ma da tempo milanese, che ha collaborato per 16 anni con la poetessa Alda Merini, allungano le loro lunghe e sfaccettate carriere con questo lavoro raffinato e ricco, che prelude a un tour teatrale primaverile.

Com’è nata la vostra collaborazione?
Giovanni Nuti. «È nata quando ho chiesto a Grazia di partecipare a un disco con le poesie di Alda, che ho musicato e cui hanno partecipato 24 grandi artisti. Le proposi “Le donne dell’est” e lei fu d’accordo per interpretarla. Quando venne a Milano per incidere il brano e conoscerci, ebbi questa idea di cantare le canzoni di Luigi Tenco e Dalida, però al contrario, con lei a interpretare Tenco e io Dalida. E lei, con grande entusiasmo e senza pensarci, accettò. Io non ci pensai quando glielo proposi e lei non ci pensò nel dirmi di sì. Fu tutto molto spontaneo.»

Come vi è venuta l’idea di invertire i ruoli interpretativi?
GN «Anche questa spontaneamente, non pensata. Quando le cose le pensiamo noi funzionano relativamente, quando invece non le pensiamo è come se Dio ci telefonasse. E secondo me sono le migliori. Poi amo la voce di Dalida fin da ragazzino. Ci sono malinconia e dolore che fanno da cassa di risonanza, probabilmente sentivo qualcosa in comune con lei. Interpretare le sue canzoni è stato veramente un mettermi in viaggio nell’anima, come diceva Alda Merini.»

Grazia Di Michele «Tenco è un esempio limpido di poetica semplice, sotto certi aspetti popolare, accessibile a tutti, ma anche altamente poetica. Scrivere in questo modo è difficilissimo, perché non puoi certo metterti lì a decidere come scrivere, o hai un talento naturale o altrimenti bisogna imparare a usare le parole e a farle pesare nella maniera giusta. Io adoro e continuo ad amare Tenco. Prendere la sua parte in questo disco è stato molto naturale, molto bello.»

Molto bello è Una storia d’amore, che ci offre 16 brani senza tempo della canzone italiana e internazionale, da Vedrai vedrai a Quelli erano giorni, da Mi sono innamorato di te a Bang bang, da Non andare via a Un giorno dopo l’altro. I nuovi arrangiamenti del tastierista José Orlando Luciano sono eleganti, profumati di jazz e di swing, disegnati con la sensibilità di mettersi al servizio di liriche cariche di poesia e di significati, cui le interpretazioni piene di pathos e di adesione offrono sfumature intense, ben al di là del semplice omaggio.

A questi brani senza tempo si sommano due inediti cantati e composti insieme dai protagonisti, Grazia le parole e Giovanni le musiche, che hanno il pregio di non sfigurare nel ricco lotto.

GDM «Piccole grandi cose di te descrive la mancanza, l’assenza, attraverso dei ricordi. Ricordi che parlano di cose all’apparenza insignificanti, piccole, ma che in realtà poi, quando le rivivi e rimpiangi, diventano grandi. È una canzone sul rimpianto, ma è anche una canzone positiva, perché ci si ricorda di un amore, di un’esperienza, e forse lo si fa anche con il sorriso, perché in fondo queste piccole grandi cose sono anche belle, quotidiane. Sono immagini, fotografie che uno si porta dentro e che risuonano.»

GN «In Per la cruna di un ago c’è l’inciso che ha scritto Grazia che dice “una storia d’amore che non ti lascia andare nemmeno quando muore”. È proprio così l’amore, eterno. Mi ha colpito molto questo testo, come anche l’altro ovviamente, però sento molto mia questa canzone, perché gli amori impossibili sono quelli che durano per sempre.»

L’ultimo verso del vostro album dice “col tempo sai non ami più”. È vero che l’amore è un sentimento che si consuma con il trascorrere delle stagioni oppure è l’età delle persone che rende più difficile amare?

GDM «Quella frase riporta il pensiero di una persona disincantata, è personale. È l’esistenzialismo di Leo Ferré durante un periodo di ombre più che di luce. Ognuno vive l’amore a modo suo. Invece Col tempo sai, che è il titolo dell’ultima traccia, si può amare anche di più. In maniera più approfondita e più matura, ovviamente. E poi non esiste solo l’amore fra due persone, si impara ad amare anche gli altri, gli animali, la natura, le persone che non stanno bene. Ad amare la vita.»

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