Ferrari

Vita di un uomo a dodici cilindri

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Ferrari
di Michael Mann.
con Adam Driver, Penélope Cruz, Shailene Woodley, Patrick Dempsey, Jack O’Connell (II)

A chi piacerà questa biografia? Ed è una biografia liberissima o storica? Potrebbe deludere i fan corsaioli che vogliono più auto, potrebbe sedurre le tifose dei melò famigliari, da un certo punto di vista è uno scavo psicologico in un uomo che sembra fatto di metallo e alla fine bisogna ricordarsi che è pur sempre un film di Michael Mann (L’ultimo dei Mohicani, Heat, Insider, Alì, Nemico pubblico): l’eroe è sempre solo contro tutti, l’amore è sempre contrastato se non impossibile, la costruzione del dramma è lenta ma quando si scatena c’è una carneficina: con le armi, con con l’uso delle leggi, in questo caso con le auto che falciano i corpi. Ferrari, il Drake del cavallino rampante, è ruvido e di poche parole. Sembra un prodotto della sua officina . In realtà è dilaniato dal dolore della perdita del figlio Dino e vive una complicata situazione quasi all’avanguardia per l’epoca: due famiglie, una di fatto, e nella seconda c’è un bambino che deve cresimarsi e non ha cognome, perché è figlio della colpa. Si sta per correre la Mille Miglia: se Ferrari che è alla bancarotta (fa auto che possono permettersi solo i re) riesce a vincere, a convincere la moglie (che ha un pacchetto azionario) e la Fiat (mettendo in giro fake news), allora è fatta. Ci sono le corse, le strade dell’Italia del 1957, macchine meravigliose e da museo guidate da piloti che sembrano gladiatori morituri. Difficile ricreare tutti i particolari del tempo e gli effetti speciali aiutano negli incidenti che sembrano scene di guerra. Adam Driver non somiglia a Ferrari quanto certi film biografici non assomigliano alla realtà ma la reinventano. E forse ha troppi centimetri in più di Ferrari, ma il cognome è profetico (Driver è traducibile in pilota) o forse non è una vera biografia di Ferrari, quanto un’interpretazione di quanto Ferrari c’è in Michael Mann.

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