Il titolo è già un programma. Bop Web presenta un accostamento tra passato, presente e futuro un po’ particolare. «È esattamente così», ci dice Francesca Tandoi, parlando del suo nuovissimo album. «Parte un po’ tutto da quel brano, non a caso apre il disco. È un po’ alla Dizzy Gillespie ed è una dichiarazione d’amore per il trombettista e per tutti gli eroi del bebop, che amo rivedere in chiave moderna, alla mia maniera.»

Ma il disco non è poi che abbia molti contatti con il bebop…
«In realtà no, assolutamente. Mi fa piacere che venga notato. Perché il titolo non è un’etichetta. Io sono ben consapevole del fatto che siamo nel 2024 e, a modo mio, cerco di evolvermi, con il mio gusto musicale che però a volte può riflettere le sonorità dei miei eroi musicali. Quindi nella direzione del bop, ma anche del web e dell’apertura mentale che un suo utilizzo positivo permette, sto sviluppando una mia voce.»
Una voce forte e chiara quella della pianista jazz romana, oggi al settimo album da titolare, tutti incisi in trio con sporadiche collaborazioni. Questo Bop Web è il secondo con il batterista olandese Sander Smeets e il contrabbassista brasiliano, ma anche lui residente nei Paesi Bassi, Matheus Nicolaiewsky. Anche il precedente trio di Tandoi era composto da musicisti della terra dei tulipani, dato che la pianista si è diplomata con lode al Conservatorio dell’Aja e ha seguito un master biennale in quello di Rotterdam.

Francesca Tandoi Trio

Sono vari i musicisti jazz italiani che studiano in Olanda…
«È perché lì il livello è molto alto. Hanno una lunga tradizione per quel che riguarda i dipartimenti di jazz, con metodi di approfondimento ottimi, che ricordano da vicino quelli migliori americani. Anche quando li frequentavo io, c’era una platea internazionale, con allievi e docenti che venivano da mezzo mondo.»

È per questo che suoni più all’estero che in Italia?
«Adesso, dopo molti anni all’estero, suono metà e metà. E devo dire, nonostante il pubblico europeo nel nostro immaginario sia più giovane o comunque composto da persone più interessate, secondo me il nostro non ha nulla da invidiare agli altri pubblici mondiali. Anche all’americano o al giapponese.»
Tandoi ha partecipato a una ventina di album, collaborando come sideman su cd e in concerto con personaggi del calibro di Scott Hamilton, Philip Harper, Darryl Hall, Sergey Manukyan, Benito Gonzales, Darius Brubeck e ultimamente con il batterista americano fusion Lee Pearson, di cui ci dice «non succede spesso che un musicista di tale valore sia così aperto e sensibile».

Pearson è un ritmatista che ama il suono elettrico e vicino al jazz-rock, ben diverso dai tuoi riferimenti stilistici…
«Onestamente non ho un musicista che amo ascoltare più di altri. Per anni mi hanno associato a Oscar Peterson, ma, a parte il grandissimo onore, ti dico che assolutamente non è vero, anche perché è totalmente irriproducibile ed è uno dei più grandi geni della storia della musica. Non mi sento neanche un millesimo della sua grandezza. Non è che voglio distaccarmene, ma sono veramente tante le mie influenze e le più diverse.»
Bop Web (edito da Nuccia) lo dimostra. Giunta al decennale del suo debutto da leader, For Elvira del 2014 con il bassista Frans Van Geest e il batterista Frits Landerbergen (con i quali registrerà altri quattro lavori, tra cui Winddance considerato uno dei 10 “best jazz albums of 2017” dalla rivista giapponese Jazz life), Francesca si lascia andare a tutta la sua musicalità e apre subito il lavoro con una title-track spumeggiante e solida, che vola da tutte le parti e non si lascia inseguire, che piove sull’ascoltatore come un uragano di primavera, costruita sull’armonia del paradigmatico brano gillespiano Be Bop.

Segue una melodica e distesa You And The Lake And The Moon, che gioca in particolare un lirico interplay emotivo con il bravo Nicolaiewsky, apprezzato anche al fianco dell’argentino Gerardo Di Giusto, pianista dei formidabili Gaia Cuatro. La prima cover è Agua De Beber – «da quando suono con Matheus abbiamo sempre inserito un brano di Jobim nei nostri spettacoli e cd» – che vola rapida e piena di note e di vitalità, che ne distillano un’energia che quasi mai viene sottolineata. È poi la volta della Overjoyed di Stevie Wonder, in cui Francesca ci rivela le sue note qualità vocali, dietro la spinta dei suoi numerosissimi follower. «Ho un grande seguito su Istagram, che mi ha aiutato molto a portare avanti la mia carriera. L’anno scorso ho messo un video in cui suonavo e cantavo questo pezzo al piano solo e mi hanno scritto in moltissimi per sapere se fosse disponibile una versione definitiva, registrata. Allora l’ho fatta un po’ come omaggio al grande Stevie Wonder, un po’ come regalo a tutti quelli che mi seguono.»

Francesca Tandoi

Il successivo Ninaom è un pezzo mainstream a tutto tondo, con quell’horror vacui che caratterizza lo stile debordante di Francesca, che tende sempre a riempire di note e di vitalità ogni angolo dei suoi brani, qui grazie anche a un riuscito assolo di contrabbasso. E se questo brano ricorda per certi versi il vibrante swingare di un Bobby Timmons (l’ex dei Jazz Messengers distrutto dall’alcol a soli 38 anni), il successivo Lethargy, che vede il contributo determinante del chitarrista ospite Daniele Cordisco e una decisa elegante “presenza” di Smeets, è più nelle linee espressive di un Wynton Kelly (altro big stroncato da una crisi epilettica non ancora quarantenne) con tanto di linee blues sottili e multicolori.
Right On suona come una ricerca evoluta di Tandoi sull’attitudine a modificare gli accordi per quarte tipico dell’approccio alla tastiera di McCoy Tyner (il grande partner di John Coltrane, che ci ha lasciato nel 2020 a 81 anni). Ancora un elegante e discorsivo Cordisco è protagonista della prima parte del conclusivo Pink Walker, che poi vede la pianista sviluppare un percorso su armonie sofisticate e Nicolaiewsky chiudere con la sua cavata rotonda e inclusiva.

Un’ultima domanda Francesca. Secondo te in ambito jazz la parità di genere è stata raggiunta?
«Il jazz è un mondo ancora per la gran parte maschile, però io sono assolutamente contraria alla faccenda delle quote rosa, al coinvolgere le donne in quanto donne. Secondo me i musicisti non hanno sesso. E devo dire che non mi sono mai sentita discriminare in quanto donna, semmai lo hanno fatto perché non mi valutavano all’altezza di una certa dimensione o direzione estetica. E questo è corretto.»

Che dire? Basta citare la cura di oltre 250 cd compilation di new age, jazz, world e quant’altro? Bastano una ventina d’anni di direzione artistica dell’Etnofestival di San Marino? Bastano i dieci come direttore responsabile di Jazz Magazine, Acid Jazz, New Age Music & New Sounds, Etnica & World Music? Oppure, e magari meglio, è sufficiente informare che sono simpatico, tollerante, intelligente... Con quella punta di modestia, che non guasta mai.

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