Cattiverie a domicilio

Insulti sanguinosi per lettera in un paesino del Sussex dopo la Grande Guerra

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Cattiverie a domicilio
di Thea Sharrock
con Olivia Colman, Jessie Buckley, Anjana Vasan, Timothy Spall, Malachi Kirby

Rose Gooding (Buckley), immigrata irlandese vedova di guerra con una figlia, donna fracassona e libera (va al pub e dice le parolacce) è accusata di aver scritto “little wicked letters” (disgustose lettere anonime farcite di insulti e accuse sessuali) a Edith Swann (Colman), sua vicina di casa, matura vergine cristiana mollata dal fidanzato e succube di un genitore prepotente e di una madre bigotta. Avviene nel delizioso paese di Littlehamptons nel Sussex dove tutti sanno tutto di tutti, sono buoni cristiani, convengono che i fantasiosi insulti sono indovinati  e la polizia locale è ottusa. Sembra una cartolina dal passato, una miniatura in forma di farsa, ma Rose va in galera per due mesi a Portsmouth in attesa di processo. I giornali la chiamano la lady dalla penna velenosa e il paesotto veleggia nella maldicenza, nel maschilismo e nel razzismo. E così l’agente donna Moss (Vasan), indiana, e molto maltrattata (una donna poliziotto? oh, un maiale che vola, anzi nella versione italiana, un asino), fa un’indagine seria sulla calligrafia mentre le missive ricchissime di insulti ora coinvolgono tutto il paese e diventano un caso nazionale. Quella che sembrava una torta campagnola andata a male si rivela un bel caso di psicopatia avvolto in un gran parlare di decoro, valori, purezza e altre cose appena andate in frantumi nella Grande Guerra. E se poi la vedova di guerra non è vedova di guerra ma ragazza madre? Un esempio del nuovo cinema inglese sul passato, miniatura leziosa e insieme sboccato e con un retrogusto manicomiale. Ma ricordate quel vecchio film di Dustin Hoffman Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me?

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