Il ritmo, con le sue scansioni e il suo battere, è un linguaggio universale, il primo “parlato” dall’homo sapiens e sa oltrepassare i confini del tempo e dello spazio, riproponendo i suoni e i colori, le storie e i costumi, la vita e le tradizioni più profonde di tutte le persone, da qualunque parte del mondo provengano. Il ritmo, come un’immensa continua marea, non solo fa ballare, fa anche pensare e coinvolge sì “a pelle”, ma anche “a cuore”. Vi proponiamo tre lavori che ce lo dimostrano ancora una volta.

Soul Sugar
Just A Little Talk (Gee)
Voto: 8

Sono molti gli alias che il tastierista francese Guillaume Méténier ha utilizzato e continua a utilizzare durante la sua lunga carriera, da Mr. Gee a The Visualistics, da Booker Gee (omaggio al “riferimento” Booker T. Jones & The M.G.’s) a The Hunter, fino al più longevo Soul Sugar. Con quest’ultimo nome, Méténier, che aveva anche frequentato gruppi come Walk Tall, il collettivo parigino con cui debuttò nei primi anni 90, Pigalle Connection e soprattutto SevenDub, ha inciso quattro album, più due riprese di Chase The Light e di Excursions In Soul, Reggae, Funk & Dub in versione dub, ovvero solo strumentale con un’accentuazione della ritmica.
Il virtuoso organista e produttore di soul-jazz e di Hammond funk stile sixties e seventies offre con quest’ultimo Just A Little Talk un album che ci porta direttamente in Giamaica, al sole dei Caraibi e nelle discoteche in riva al mare, dove la sabbia diventa il pavimento di dancefloor sotto le stelle. Méténier ha convocato i suoi abituali collaboratori dai batteristi Blundetto e Yvo Abadi ai chitarristi Samuel Isoard e Slikk Tim, ai vocalist Jolly Joseph, Shniece McMenamin e Leo Carmichael, ed è ripartito dalle origini. Ovvero dalla Tubby’s Ghost posta in chiusura del cd e apparsa nell’album del 1998 Rock It Tonight dei SevenDub, il suo duo con il bassista dei Walk Tall Patrick Bylebyl. Il passaggio dalla deep house reggaeggiante di allora al ritmato dub odierno è l’indicazione migliore dell’evoluzione stilistica del Nostro, che partiva anche dalle cover soul jazz di Jimmy Smith e Dr Lonnie Smith del suo debutto del 2009 Nothing But The Truth.
Anche questo lavoro si apre con una ripresa di un brano memorabile come Makings Of You di Curtis Mayfield, che diventa una ballad reggae avvolgente con la voce acuta di Carmichael. Altro brano classico, la Blackbird di Donald Byrd, diventa un fantastico funk-dub strumentale di gran classe. I due singoli, la title-track cantata da Joseph e Top Of My List con la bellissima voce di McMenamin, sono di immediata piacevolezza reggae l’uno e soul l’altro. Infine gli altri originali sono i due funk blaxploitation rivisitato in salsa dub Happy Riddim, il reggae-soul The End Of Your World (ancora con Joseph) e l’elegante soulful roots reggae Fly Away.

The New Mastersounds
Old School (One Note)
Voto: 8

Festeggia i 25 anni di attività la band del chitarrista Eddie Roberts, il più dirompente esempio di funk e soul-jazz strumentale del Regno Unito. Con sede a Leeds, dove il gallese Ceredig si spostò a studiare nell’unico college dove si insegnasse il jazz e dove gli venne affibbiato il nuovo nome, i quattro si unirono con la fine dell’esperienza 3 Deuces, che coinvolse Eddie dal 1993 al 1997. Preso spunto dal nome di una band in cui suonarono per breve tempo alla fine dei 50 i fratelli Montgomery (Buddy e Monk come titolari e il più celebre Wes, grande chitarrista jazz, come ospite), si unirono prima come The Mastersounds e poi, con l’uscita di Dan Brown, cui però è dedicato il loro primo successo One Note Brown, e Sam Bell, nel cui studio spesso hanno poi registrato, come The New Mastersounds. Era il 1999.
Spinti all’inizio dal DJ Keb Darge, celebre in GB e in Giappone, tanto che il loro cd di debutto si titolava Keb Darge Presents The New Mastersounds, e poi pronti a volare grazie alle loro composizioni e alla bravura live hanno proposto un’epopea sonora di alto livello. La fusione tra la chitarra pittorica di Roberts, l’organo jimmysmithiano di Bob Birch prima e di Joe Tatton poi, la ritmica funambolica del batterista Simon Allen e del basso ciarliero di Pete Shand offrono – non di rado con l’aggiunta di una sezione di fiati – un mix scoppiettante e pieno di vitalità, degno erede del tutto contemporaneo e tinteggiato di acid jazz, di eroi black come i Meters oppure i Booker T. & the M.G.’s.
Questo loro 21esimo cd, compresi live, antologie e remix, è la solita bomba sonora che spazza via ogni pensiero negativo, ogni remora corporea, ogni fisima dance. Si passa dai duelli chitarra-organo vecchia maniera di Down On The Farm alle fantasie acid jazz di Boogaloo Is Dead, dall’omaggio a Booker T. Jones di Breakfast T al multiforme uptempo di Smoothie. Seguono il lento a 88 bpm Two Fat Ladies (88) e il magnifico volo acid jazz di Do The Sausage Roll, il funky attualissimo e spumeggiante In Da Club e il reggae quasi psichedelico Buggin’. Mentre la chiusa spetta alla frenesia funk-rock di Scrappy Do e al soul pieno e – diciamolo finalmente – old school di Till The Cows Come Home.

Salvo Bruno “Dub”

Go.Soul.Map.
Peaceful Sound For Broken Minds (Space In The Place)
Voto: 7/8

Che bello riascoltare il calore del vinile e sentirne le piccole imperfezioni che sono così caratteristiche! Lo possiamo fare con questo lavoro, che è disponibile come unico supporto fisico su LP, oltre a poter essere scaricato dalla rete. Protagonista un deejay italiano, Salvo Bruno “Dub”, che debutta con il nuovo progetto Go.Soul.Map., in cui si avvale dell’apporto sia in fase di composizione che come vocalist del nigeriano di Londra Derane Emerge Obika, che, con Francis Hilton, bassista degli Incognito, e la coppia ritmica italiana Gianluca Chiarella e Francesco Mendolia (anche lui dal 2008 con Incognito e nei loro spin off artistici Citrus Sun e Thames River Soul), ha formato i Living Sounds.
Il musicista, produttore e anche attore (in film come Fratelli Noir, Ti racconto tuo padre, I AM, dei quali ha composto anche la colonna sonora), si mette in gioco come artista di vaglia internazionale, sperimentando incroci sonori in cui campionatori e remix, suoni root ed esotismi, distorsioni e sintetizzatori, si uniscono per dare origine a un pop-soul dai connotati urban e dalle declinazioni multiformi. Già attivo per proposte come Double Beat, Galathea, Babil On Suite, e altre legate all’etichetta Schema, il catanese – specialista di tastiere e basso – si propone per la prima volta come headliner e lo fa con lungimiranza e talento, anche grazie a testi intensi e pieni di introspezione.
Apre Back in Underwater, un trip-hop elettronico in cui si ascolta l’amore per gli Air, l’unico brano, insieme allo spaziale Watergate affidato a Manuela Amalfitano, con una voce femminile, quella della catanese Reiwa Pia. Sono otto invece quelli in cui si ascolta la voce avvolgente e carica di pathos di Derane. Dal primo singolo Pushing, dalle cadenze space disco, a Fall Into The Flame, con i vocalizzi lunghissimi di Amalfitano a sottolinearne il climax sconfinato, dal funk disco di Right Of Me a I Am Believe, sognante e quasi ambient, dalle venature caraibiche di Don’t You Worry ad Are U Ready?”, neosoul della più bell’acqua. E ancora Walking A Dream, che ha la forza di un funk old style e insieme di una visione urban attuale, il discorsivo post-trip hop Hold The Line e la conclusiva ripresa di I Am Believe, ancora più dilatata e lunare. Infine, unico strumentale l’ottimo Cat With Camera è una riuscita fusione di suoni cinematografici e psichedelia jazzy.

Che dire? Basta citare la cura di oltre 250 cd compilation di new age, jazz, world e quant’altro? Bastano una ventina d’anni di direzione artistica dell’Etnofestival di San Marino? Bastano i dieci come direttore responsabile di Jazz Magazine, Acid Jazz, New Age Music & New Sounds, Etnica & World Music? Oppure, e magari meglio, è sufficiente informare che sono simpatico, tollerante, intelligente... Con quella punta di modestia, che non guasta mai.

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