Antonio Scurati da Fazio racconta i retroscena della sua vicenda con la Rai. E dice «L’antagonista della paura è la speranza»

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Antonio Scurati
Ospite di Fabio Fazio a “Che Tempo Che Fa”, lo scrittore Antonio Scurati ha raccontato la sua vicenda con la Rai, entrando nei dettagli della censura cui è stato sottoposto il suo intervento sul 25 aprile. Ecco cosa ha detto: “Spero di continuare ad essere uno studioso, uno scrittore, un professore, un padre di famiglia… vedo molta solidarietà che mi ha scaldato il cuore ma anche tanti che mi rimproverano anche con una certa tinta d’odio. Sono stato chiamato da un programma della RAI, Radio Televisione Italiana, che dal nome mi sembrava fosse la televisione di Stato, quindi la televisione di tutti, perfino mia, dei miei lettori… in prossimità del 25 aprile sono stato chiamato in quanto autore di 5 libri che studiano, raccontano, il fascismo e la resistenza antifascista. Mi sono sentito in dovere di ricordare l’anniversario “radioso” – come diceva giustamente Giannini – che era prossimo, il 25 aprile, e di scrivere un testo che mi era stato commissionato nel quale affermavo, magari con forza, le mie convinzioni, i miei valori, le mie idee, e muovevo delle critiche a chi ci governa. E anche questo mi sembrerebbe uno dei compiti degli scrittori. Sono stato trascinato per i capelli in una lotta nel fango.”

Come ha saputo dell’annullamento del monologo?

“La RAI mi ha mandato la modulistica, che è copiosa se fai un piccolo contrattino, ora non rivanghiamo ma posso dire modesto. Ci sono moltissimi moduli, li ho firmati e rimandati, mi hanno mandato i biglietti del treno, il voucher dell’hotel, io mi stavo facendo la barba e avevo già la mia valigina pronta -viaggio leggero- quando è arrivata la telefonata della conduttrice del programma, Serena Bortone, che io non conoscevo e con cui non avevo mai parlato. Era affranta e mi ha detto ‘la sua partecipazione è stata cancellata’. Non ho preso nessuna iniziativa, ho detto ‘vabbè non mi vogliono più’, ero contrariato ma ho taciuto. C’erano i giornalisti di tutta Italia che mi chiedevano e io non parlavo, poi la cosa per me ancora più grave è che a una certa ora della giornata mi hanno comunicato che il Capo del Governo addirittura ha scritto un post nel quale, francamente, dicendo che non sa come sono andate le cose – e questo mi sembra già un motivo per tacere, mio padre mi ha insegnato così- usando oggettivamente delle espressioni molto denigratorie, cercando di mettermi in cattiva luce e screditarmi, cercando di farmi passare per un avido. Ora, non so se tutti gli italiani si rendono ancora conto -molti sicuramente si- che questa è una cosa che in una democrazia non dovrebbe accadere, che un Capo di Governo con tutta la forza della sua posizione, del suo ruolo, attacchi un privato cittadino con frasi denigratorie, il quale poi oltre a essere un provato cittadino è anche uno scrittore che dovrebbe esercitare un ruolo, essere critico nei confronti della società. Ecco, questo francamente mi ha profondamente turbato e da lì ho preso la parola per cercare di ristabilire la verità dei fatti.”  

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Sulle conseguenze dell’annullamento del monologo

“Uno degli scompensi che queste conseguenze ti porta è che c’è un’enfasi eccessiva anche da parte dei tuoi sostenitori: anche da parte di quel titolo di Repubblica ‘io sono un bersaglio’. Non ho detto esattamente questo, ho detto che, come accaduto a me sin dalle elezioni perché avevo osato prendere delle posizioni critiche nei confronti del Governo ma soprattutto perché sono l’autore di 3 libri molto noti e molto diffusi che raccontano Mussolini e il fascismo in una chiave nuova ma sempre in ottica di denunciare l’orrore del fascismo attraverso la letteratura e non attraverso una presa di posizione ideologica, per il semplice fatto di aver fatto il mio lavoro di scrittore e romanziere sono entrato in un mirino. Allora sono stato più volte insultato pesantemente sulle prime pagine dei giornali fiancheggiatori del Governo, hanno messo la mia foto in prima pagina e sotto hanno titolato a caratteri cubitali ‘l’uomo di M’ che, come tutti gli italiani sanno, giocando sul doppiosenso, intendevano proprio l’uomo di quella cosa lì, e il Direttore del giornale si peritava di spiegarlo che intendevano proprio quello. Dopodiché quando fanno questo, quando la seconda carica dello Stato ti da del profittatore… a me dispiace di esser stato trascinato in una polemica così volgare e così bassa, però bisogna rispondere. Due cose: la seconda carica dello Stato non dovrebbe polemizzare denigrando uno scrittore, un qualsiasi cittadino. Vi rendete conto? Io parlo agli elettori di quella parte lì: la seconda carica dello Stato è lo Stato, e lo Stato non può buttarsi addosso contro un individuo. Ma ve lo immaginate Sergio Mattarella che domani si sveglia e dice ‘mah, Fabio Fazio è un conduttore pessimo…’?!E c’è anche un’altra cosa perché questa accusa del denaro è veramente zozza.”

 Dov’è lo “scandalo” se mi pagano per il mio lavoro?

“È come dire a un medico che fa i soldi con la malattia delle persone. Ma il medico fa i soldi con il suo sapere, con la sua scienza, con il suo essere, e fa i soldi combattendo le malattie delle persone. Io francamente non faccio i soldi con Mussolini, e a parte che scrivere libri in Italia non ti arricchisce particolarmente, faccio i soldi con il mio lavoro, il mio studio, anche forse un po’ con il mio talento. Se qualcuno vuole accusarmi di qualcosa, può accusarmi di fare i soldi contro Mussolini, non con Mussolini. Quando mi sono trovato trascinato in questa lotta nel fango per aver cercato di affermare con forza e difeso le mie idee, io non ho fatto nulla di originale. Quelle idee che io cercavo di affermare erano il valore della lotta delle donne e degli uomini nel 44-45 contro l’oppressione nazifascista, il valore della Resistenza, il valore sacro della libertà d’espressione, il valore della democrazia, della nostra Costituzione. Sono idee e valori che mi sembrano ovvie quasi scontati. Non sono stato particolarmente brillante o originale, ma evidentemente non lo sono per tutti.”

Sulla “seduzione populista”

“Ci sono due livelli e uno è l’assoluzione del fascismo in quanto tale. È strano a dirsi ma sono delle favole antiche che ancora fanno presa sulla parte più oscura di noi. Il fascismo, se dovessimo darne una definizione, è una militarizzazione della vita e in quanto tale è antitetico alla democrazia. Tutto viene brutalmente trasformato in un campo di battaglia. Se la democrazia è la pace, il fascismo è la guerra. Se la democrazia è il merito, lo studio, il lavoro, il fascismo è il rango e la gerarchia. Se la democrazia è costruzione lenta e faticosa, il fascismo è distruzione vertiginosa. Se la democrazia è moltitudine e molteplicità, opinioni diverse, il fascismo è un unico capo a cui tutti si genuflettono. Soprattutto nei periodi di crisi della democrazia, quando la democrazia è in affanno, quella brutale violenta semplificazione della realtà delle cose con cui ti si dice ‘ma no la realtà non è così complessa, tutto può essere ridotto a un unico nemico, quel nemico a uno straniero e quello straniero a un invasore che sta di fronte a te e ti minaccia, e io sto al tuo fianco con un bastone e con la forza della violenza’, purtroppo questa brutale semplificazione a molti, troppi, fa tirare un sospiro di sollievo.”

Sulla complessità sociale

“È quella che ci rende vivi, che ci fa sentire la vita nella sua bellezza, nella sua fragile bellezza. La vita nella sua speranza, nel suo respiro. Nei giorni d’affanno però, quando le cose vanno male o ci sembrano andare male e arriva qualcuno… Mussolini fu un politico geniale, mi sono sempre ben guardato dal farne una caricatura e dipingerlo come una specie di personaggio ridicolo, una delle prime cose che capì è che l’individuo contemporaneo era oppresso da questa complessità. Così bella, così meravigliosa ma così difficile da portare. Allora arriva con la promessa – che non promette niente perché è un inganno, e proprio perché è un inganno questo mantiene – di dire ‘semplifichiamo tutto, alziamo dei muri’. I normodotati di qua, gli altri di là. Il muro al confine del Messico così non vengono più. Il muro di navi che li ributtano a mare. Questi rompiscatole dei dissidenti e dei critici li sbattiamo da una parte, tutto si semplifica e tutto è più facile. E questa è la prima promessa fasulla del populismo: il capo.”

Sulla semplificazione

Troppo spesso cediamo al rischio di questa alterigia del guardare dall’alto e pensare ‘guarda come sono sciocchi, come sono rozzi’ e in quel momento gli sciocchi e i rozzi siamo noi. Questo tipo di brutale semplificazione della realtà, questo assunto per cui ‘io sono il popolo’, dice il capo populista e fascista, ‘e il popolo sono io e chiunque non sia con me è contro il popolo, e chiunque dissenta è antitaliano’.. a cosa ci serve allora questo Parlamento? Se ‘io sono il popolo e il popolo sono io’ il Parlamento è superfluo, inetto. Queste cose hanno una presa profonda sui sentimenti più oscuri e radicati degli esseri umani e fanno appello alla paura. Fanno appello a noi bambini, ai terrori della notte, a ciò che c’è di più profondo nell’essere umano perché ti dicono ‘tu sei minacciato, dagli stranieri, dai disabili, dai diversi, i tuoi nemici sono tutti intorno a te… e io uomo forte vengo in tuo soccorso.’.  È una favola della buonanotte che ti invita a sopire la tua coscienza civica che ha un’enorme presa, non dobbiamo mai sottovalutarla o liquidarla come una sciocchezza.”  

“L’antagonista della paura è la speranza”

“Quando non mi trascinano per i capelli nella lotta nel fango io sarei un narratore, un romanziere… Benito Mussolini prima di fondare il fascista fu socialista, anzi era uno dei leader più amati dell’ala radicale più giovane e più amata del Partito Socialista. Poi fu espulso con ignominia, fondò il suo giornale e si guardò intorno con il fiuto dell’animale che cerca una nuova via per il potere e un nuovo popolo alla ricerca di una nuova strada. Aveva tutta la flotta bruciata alle spalle, i suoi vecchi compagni lo odiavano e lui nel crepuscolo della Prima guerra mondiale ebbe un’intuizione formidabile: non esiste passione politica più potente della paura. E cominciò a sobillare, a suscitare paura negli italiani: dovete avere paura, arriva la rivoluzione socialista, vi portano via tutto, vi portano via il poco che avete, il tanto che avete, sono stranieri, sono invasori, guardano alla Russia, portano la peste asiatica… scommettendo sulla paura, vinse. Vinse suscitando paura con i suoi squadristi e con i suoi violenti e prosperando sulla paura, ma la paura di cosa? Delle speranze degli altri. Delle speranze da cui lui veniva, le speranze del socialismo, di un mondo nuovo, della giustizia sociale, della vendetta dei torti, tutto quello che era stato in passato. Allora, lui scommette sulla paura perché non può più fare una politica della speranza, il sovranismo populista fa una politica della paura. L’unica forza, l’unica passione politica che può rivaleggiare con la paura è la speranza. È quella che ti dice ‘non avere paura, spera. La vita dei tuoi figli può ancora essere migliore della tua e quella dei tuoi nipoti migliore ancora della vita dei tuoi figli.’ Questa speranza va data alla gente ed è molto più difficile. Suscitare paura è molto più facile che dare speranze. Questo devono fare i politici progressisti, non mi interessa se siano di sinistra, di centro o di destra, ma quelli che guardano al progresso, al futuro e non a un passato custodito con rabbia rancorosa in nome di legami di sangue e di torti subiti. L’unica cosa che possiamo contrapporre a una politica della paura, e quindi dell’odio e del rancore, è una politica della speranza.”

Cos’ha imparato da questa vicenda?

“Ho imparato che non bisogna rispondere al telefono mentre ti fai la barba la mattina [ride ndr]; se vuoi vivere tranquillo in questo momento e in questo Paese non devi criticare il Governo… Avendo studiato e raccontato così a lungo gli anni bui del fascismo e anche gli eroi dell’antifascismo – perché arrivo ad interessarmi dei fascisti passando dagli antifascisti-, ho imparato che la democrazia è sempre lotta per la democrazia. Noi oggi viviamo in una democrazia grazie alla lotta delle nostre nonne e dei nostri nonni, e siamo cresciuti, generazione privilegiata, come se la democrazia fosse un dato di fatto, un dono del cielo. La democrazia è sempre lotta per la democrazia. Siamo abituati a pensare alla democrazia come una sorta di albero ad alto fusto, una quercia o un larice, che solo l’accetta o il fulmine possono abbattere. Invece non è così, la democrazia assomiglia dipiù alla pianta della vita che richiede cure costanti, quotidiane, va difesa dai parassiti, la devi legare con gesto sapiente, la devi annaffiare e curare giorno dopo giorno, e soltanto allora alla fine ti da il magnifico vino della democrazia.”
Spettakolo! nasce nel 2015 e si occupa di cinema, musica, travel, hi-tech. Alla Redazione di Spettakolo! collaborano varie figure del mondo del giornalismo (e non) desiderose di raccontare tutto ciò che per loro è "spettacolo" (appunto).

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