Leopardi. Il poeta dell’Infinito
di Sergio Rubini
Leopardi prossimamente in RAI in quattro ore: poesia e vita complicata del genio di Recanati (Leonardo Maltese) a risalire dalla sua morte (e la sua difficile sepoltura) osteggiata dalla Chiesa a Napoli. L’amico avventuriero e tombeur de femmes Antonio Ranieri (Cristiano Caccamo) si fa biografo per convincere il parroco. La parte giovanile della biografia è quella studiata a scuola: padre reazionario, madre bigotta, natio borgo selvaggio, fanciulla moribonda che verrà immortalata in A Silvia, lo studio matto e disperatissimo. Ma il piccolo Leopardi è un combattivo. Il giovane Leopardi si fa notare per la potenza dei suoi testi che piacciono ai liberali, i liberali però devono rendersi conto che al poeta non interessa la rivoluzione ma la comprensione della Natura Matrigna. Seguono vagabondaggi tra (poche) pubblicazioni, molta stima, censure, repressioni e tradimenti e infine l’ultima parte da racconto pop(olare) passa a feuilletton e a melodramma turgido con reinterpretazione del rapporto tra Leopardi, Ranieri e l’amata (da tutti e due) Fanny Targioni Tozzetti. E qui la storia sembra quella di Cyrano: il poeta nell’ombra scrive all’amata lettere meravigliose a nome dell’amico che ne è l’amante. La confezione generale è a cavallo tra l’originale televisivo anni Sessanta, le bio musicali di Carmine Gallone e molto romanticismo a partire dalla marsina blu come quella del Giovane Werther. La gobba forse è un’illusione e i sorbetti servono a fare il paragone col sesso (che sembrerebbe meglio…)