Venezia 81. Planet B

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Planet B
di Aude Léa Rapin

Il lungometraggio che ha aperto  la Settimana della Critica, firmato da Aude Léa Rapin, vede Adèle Exarchopoulos ecoterrorista in una Francia futura che durante un’azione dimostrativa si scontra con le forze speciali e si risveglia con alcuni compagni nel Planet B, un luogo in cui si crede d’essere vivi in un albergo sul mare e poi si scopre che è una prigione virtuale: il corpo sta in un luogo segreto come in coma, l’anima viene torturata con incubi di ogni genere. Ma una giornalista irachena che tira avanti come donna delle pulizie mentre cerca di ottenere il QR code che le permetterebbe di andare in Canada, ruba un visore militare e quando l’accende appare nella prigione virtuale. Se riuscisse a dire al mondo che il governo fa sparire nei server i nemici politici sarebbe la liberazione. Un po’ film di fantascienza, molto pamphlet polemico sul Potere e molto cyberpunk, già visto o  contorto, Planet B cela un bisogno di liberazione, ma non trascina.

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