Riefenstahl
di Andres Veiel
Il documentario (Fuori Concorso) promette molto materiale d’archivio, anche inedito, poi prende una piega diversa: dando per scontato che la regista di Il trionfo della volontà e di Olympia era brava, all’avanguardia e con una conoscenza straordinaria della tecnica cinematografica, la domanda pesante è: la donna che esordì attrice e regista con un “bergfilm” (film di montagna) e poi rese “belli” Hitler e l’immaginario del Terzo Reich, era connivente -e in qualche modo responsabile- o era solo una brava regista che obbediva agli ordini e anche una vittima (concupita e stuprata da un famoso tennista e poi da Goebbels, il ministro della propaganda)? La sua risposta sul tema della connivenza, in numerosi talk show della tv tedesca degli anni Settanta, era standard: subiva come tutti il fascino magnetico del dittatore, eseguiva il suo lavoro nel modo migliore, non si interessava di politica ma di bellezza. E i suoi splendidi servizi fotografici sui Nuba sarebbero la dimostrazione. Poi ci sarebbero le accuse di aver saputo e voltato la testa quando nel suo lavoro incappava in situazioni con stragi sullo sfondo o i camini dei lager che fumavano. Davvero non sapeva? Davvero cercava così ossessivamente la bellezza da essere cieca sul resto? Si esce col dubbio su ambedue le versioni.