È uscito venerdì scorso Save Lives The Rhythm, il nuovo disco della cantautrice e chitarrista siciliana Roberta Finocchiaro. Il disco è composto da undici tracce, ha un suono internazionale ed è stato prodotto da Steve Jordan, già batterista dei Blues Brothers e del John Mayer Trio. Importanti sono anche i musicisti che hanno partecipato al progetto: Sean Hurley (basso), Clifford Carter (tastiere), Dave O’Donnell (ingegnere del suono), Eddie Allen (tromba), Patience Higgins (sax), Clifton Anderson (trombone), Gino Finocchiaro (fisarmonica, è il nonno di Roberta) e Olen Cesari (violino).
Roberta Finocchiaro ha 26 anni ed è di Catania. Ha iniziato da bambina a suonare la chitarra e comporre canzoni. Nel 2014 è entrata a far parte della Tillie Records, l’etichetta discografica di Simona Virlinzi, sorella dello storico produttore discografico catanese Francesco Virlinzi. Nel 2016 ha pubblicato Foglie di carta, il suo primo disco, seguito nel 2018 da Something True. Ha inoltre aperto un concerto di Elisa nel 2016 e l’anno dopo ha vinto il Fiat Music di Red Ronnie.
Abbiamo intervistato l’artista per farci raccontare il suo ultimo lavoro, un disco che merita davvero di essere ascoltato.
Roberta, com’è nata la collaborazione con Steve Jordan?
Io ho sempre amato questo genere un po’ “americano” e ho sempre stimato Steve Jordan come musicista. Grazie all’etichetta Tillie Records e alla mia produttrice Simona Virlinzi sono riuscita ad avere questo contatto. Ho registrato le demo delle canzoni a casa e poi le abbiamo mandate a Steve Jordan, che le ha ascoltate, gli sono piaciute ed ha accettato di produrre il disco. È stata una cosa pazzesca, che non avrei mai immaginato. Lo ascoltavo da piccola, studiavo i suoi brani, non avrei mai pensato un giorno di poter lavorare con lui.
Il risultato finale ti soddisfa?
Sono davvero molto contenta, perché le canzoni sono sincere e pure come le ho scritte. Steve Jordan e i musicisti le hanno portate ad un livello superiore.
Com’è nato il disco?
Dopo la fase di pre-produzione, abbiamo registrato in uno studio di New York, a Brooklyn, che si chiama Brooklyn Recording. Sempre a New York il disco è stato anche masterizzato, però a Broadway, ai Germano Studios, uno studio dove hanno lavorato anche John Lennon, Bob Dylan e Michael Jackson. Lavorare in questi luoghi è stato pazzesco.
Le canzoni invece quando le hai scritte?
Ho iniziato nell’estate del 2018 e la fase di scrittura è terminata un anno fa. A settembre, quindi, con Simona Virlinzi, siamo andate a New York a registrarle. Abbiamo registrato tutto dal vivo ed il lavoro è durato circa una settimana. Successivamente sono stati registrati solo alcune parti, come i cori e gli assoli di chitarra.
A proposito di chitarra, possiamo dire che è una delle grandi protagoniste del disco?
Sì, c’è molta chitarra elettrica. È uno strumento per me molto importante ed in questo disco mi sono voluta liberare e mostrare questa passione. Con la chitarra elettrica riesco a parlare di più.
Perché la scelta del singolo è caduta su Future?
È stata scelta questa canzone soprattutto per il suo testo. L’ho scritta un anno fa, ma sembra molto attuale adesso. Abbiamo passato tutti un periodo molto strano e io credo che ci sia bisogno di un messaggio positivo. È importante pensare che, nonostante le difficoltà della vita, se si pensa positivo si riesce ad andare avanti nel miglior modo possibile. Credo che qualsiasi persona si possa ritrovare in questo testo e per me è ciò è importante.
Rispetto alla tua produzione precedente, questo disco rappresenta un’evoluzione o una rivoluzione?
Direi entrambe le cose. È un’evoluzione perché, nel corso di questi anni, la mia musica è cresciuta insieme a me, è cambiata e si è evoluta. È però anche una rivoluzione, perché è un disco che trasmette dei concetti che hanno come elemento anche il coraggio. Il disco è dedicato a tutti quelli che lo ascoltano, ma voglio mandare un messaggio preciso: la musica e gli artisti sono importanti nella vita di tutti. E soprattutto, la musica deve essere considerata un lavoro.
Com’è nata la tua passione per un genere considerato, a torto o ragione, poco italiano?
Ho iniziato da piccolina ad ascoltare il jazz e la musica americana. In ogni caso penso che questo tipo di musica abbia molto influenzato anche la musica italiana. Penso ad esempio ad artisti come Pino Daniele, Alex Britti, Elisa e Mario Biondi. Loro si sono ispirati a sonorità internazionali ed anche io vorrei seguire la stessa strada.
Un giorno canterai in italiano?
Non escludo di incidere in futuro un disco tutto in italiano. La scelta di scrivere le canzoni in inglese non è pensata, è nata in modo naturale. Io penso che la musica non debba avere delle barriere, io amo sia scrivere in italiano che in inglese.
A proposito di Alex Britti, che citavi prima, è vero che prossimamente farai un concerto con lui?
Sì, spero presto. In questi mesi di lockdown ho vinto un contest che lui ha organizzato su Instagram. Una vittoria assolutamente inaspettata. Ho sempre stimato Britti come chitarrista e spero di poter davvero presto suonare con lui sul palco. Sarà un’altra esperienza che mi farà crescere tantissimo.
Quanto ti manca, con un disco appena uscito, non poter suonare dal vivo?
Mi manca tantissimo, perché durante i concerti riesco a vedere le reazioni del pubblico e c’è un contatto diretto con le persone. Io nei live riesco ad esprimere al 100% la mia anima musicale.
Il video di Future (la regia è di Giacomo Triglia):
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